Dice adunque che, al primo parlar che si fece di peste, don Ferrante fu uno de' più risoluti a negarla, e che sostenne costantemente fino all'ultimo, quell'opinione; non già con ischiamazzi, come il popolo; ma con ragionamenti, ai quali nessuno potrà dire almeno che mancasse la concatenazione.
- In
rerum natura, - diceva, - non ci son che due generi di cose: sostanze e
accidenti; e se io provo che il contagio non può esser né l'uno né l'altro, avrò
provato che non esiste, che è una chimera. E son qui. Le sostanze sono, o
spirituali, o materiali. Che il contagio sia sostanza spirituale, è uno
sproposito che nessuno vorrebbe sostenere; sicché è inutile parlarne. Le
sostanze materiali sono, o semplici, o composte. Ora, sostanza semplice il
contagio non è; e si dimostra in quattro parole. Non è sostanza aerea; perché,
se fosse tale, in vece di passar da un corpo all'altro, volerebbe subito alla
sua sfera. Non è acquea; perché bagnerebbe, e verrebbe asciugata da' venti. Non
è ignea; perché brucerebbe. Non è terrea; perché sarebbe visibile. Sostanza
composta, neppure; perché a ogni modo dovrebbe esser sensibile all'occhio o al
tatto; e questo contagio, chi l'ha veduto? chi l'ha toccato? Riman da vedere se
possa essere accidente. Peggio che peggio. Ci dicono questi signori dottori che
si comunica da un corpo all'altro; ché questo è il loro achille, questo il
pretesto per far tante prescrizioni senza costrutto. Ora, supponendolo
accidente, verrebbe a essere un accidente trasportato: due parole che fanno ai
calci, non essendoci, in tutta la filosofia, cosa più chiara, più liquida di
questa: che un accidente non può passar da un soggetto all'altro. Che se, per
evitar questa Scilla, si riducono a dire che sia accidente prodotto, dànno in
Cariddi: perché, se è prodotto, dunque non si comunica, non si propaga, come
vanno blaterando. Posti questi princìpi, cosa serve venirci tanto a parlare di
vibici, d'esantemi, d'antraci...?
- Tutte
corbellerie, - scappò fuori una volta un tale.
- No, no,
- riprese don Ferrante: - non dico questo: la scienza è scienza; solo bisogna
saperla adoprare. Vibici, esantemi, antraci, parotidi, bubboni violacei,
furoncoli nigricanti, son tutte parole rispettabili, che hanno il loro
significato bell'e buono; ma dico che non han che fare con la questione. Chi
nega che ci possa essere di queste cose, anzi che ce ne sia? Tutto sta a veder
di dove vengano.
Qui
cominciavano i guai anche per don Ferrante. Fin che non faceva che dare addosso
all'opinion del contagio, trovava per tutto orecchi attenti e ben disposti:
perché non si può spiegare quanto sia grande l'autorità d'un dotto di
professione, allorché vuol dimostrare agli altri le cose di cui sono già
persuasi. Ma quando veniva a distinguere, e a voler dimostrare che l'errore di
que' medici non consisteva già nell'affermare che ci fosse un male terribile e
generale; ma nell'assegnarne la cagione; allora (parlo de' primi tempi, in cui
non si voleva sentir discorrere di peste), allora, in vece d'orecchi, trovava
lingue ribelli, intrattabili; allora, di predicare a distesa era finita; e la
sua dottrina non poteva più metterla fuori, che a pezzi e
bocconi.
- La c'è
pur troppo la vera cagione, - diceva; - e son costretti a riconoscerla anche
quelli che sostengono poi quell'altra così in aria... La neghino un poco, se
possono, quella fatale congiunzione di Saturno con Giove. E quando mai s'è
sentito dire che l'influenze si propaghino...? E lor signori mi vorranno negar
l'influenze? Mi negheranno che ci sian degli astri? O mi vorranno dire che stian
lassù a far nulla, come tante capocchie di spilli ficcati in un guancialino?...
Ma quel che non mi può entrare, è di questi signori medici; confessare che ci
troviamo sotto una congiunzione così maligna, e poi venirci a dire, con faccia
tosta: non toccate qui, non toccate là, e sarete sicuri! Come se questo schivare
il contatto materiale de' corpi terreni, potesse impedir l'effetto virtuale de'
corpi celesti! E tanto affannarsi a bruciar de' cenci! Povera gente! brucerete
Giove? brucerete Saturno?
His
fretus, vale a dire su questi bei fondamenti, non prese nessuna precauzione
contro la peste; gli s'attaccò; andò a letto, a morire, come un eroe di
Metastasio, prendendosela con le stelle.
E quella
sua famosa libreria? È forse ancora dispersa su per i
muriccioli.
(I
promessi sposi, cap. XXXVII)
Nessun commento:
Posta un commento