sabato 17 gennaio 2015

Domande

Non sono un esperto di politica, sociologia o filosofia, ma mi è capitato di osservare fatti tali da portarmi a fare alcune domande al di fuori del mio specifico campo di competenza, domande alle quali cerco soluzioni da parte di coloro i quali a questi argomenti hanno dedicato la loro passione e i loro studi.
Inoltre tendo a parlare esclusivamente di fatti e cose di cui ho personale esperienza e quindi mi scuso se cito ricordi privati.
Via Balbia, tra Tobruk e Derna, estate 1968. Sul ciglio della strada, proveniente da chissà quale cabila in mezzo al deserto cammina un vecchio Arabo, solo e a piedi, a chilometri di distanza da ogni insediamento stabile conosciuto. Ci fermiamo, e siccome nel deserto non ci si comporta come in via Montenapoleone quando si incontra un estraneo, urbanamente ci presentiamo vicendevolmente. Il libico  parla bene l’italiano, è stato sergente maggiore delle truppe libiche, ed è stato anche decorato con medaglia di bronzo. Dove va? A pregare sulla tomba di un famoso marbut, ci dice. E’ parecchi chilometri di distanza, diciamo noi, sulla nostra strada, se vuole possiamo dargli un passaggio, risparmierà molto tempo e fatica. Il vecchio Sergente libico ci fa capire che del tempo risparmiato non avrebbe saputo cosa farsene e, riguardo alla fatica, era prefettamenbte abituato a camminare nel deserto, di notte troverà qualche sterpaglia per farsi il tè e riscaldarsi. Es salam aleicum, es salam aleicum. Lasciamo il vecchio Arabo che si allontana dietro di noi.
Dopo qualche decina di chilometri incontriamo una famigliuola. Il marito, con indosso un bell’impermeabile, un asciugamano attorno al collo e l’immancabile fez in testa, è in groppa a un asinello che ricorda molto quelli una volta presenti dalle mie parti: segue la  moglie a piedi, avvolta nel barracano tradizionale, che con una mano regge sulla testa un voluminoso fagotto e con l'altra tiene una ragazzina di una decina d'anni. A, seguire, in scaletta, un ragazzino di otto o nove, uno di sette o otto e infine una ragazzina di cinque o sei.
 Domanda: cosa succederà all'Islam  quando sarà la donna a voler montare sull'asinello e vorrà che il marito vada a piedi reggendo il fagotto e tenendo per mano i figli? E cosa succederà all'Islam quando il marito, anziché andare sull' asinello, penserà che, se l'Emiro o il Dittatore che governa il suo Paese rinuncerà a qualche Rolls-Royce o Ferrari, lui potrà acquistare una Peugeot 404 come quelle che passano ogni tanto sul rettilineo che si stende a perdita d’occhio tra un orizzonte e l’altro? E che quando vorrà potrà seriamente esprimere con un voto il suo gradimento per chi lo governa, come fa il fratello o il cugino emigrato in Francia o Belgio? Ma vorrà e potrà l’arabo in groppa all’asinello lavorare con i ritmi di una catena di montaggio alla Marchionne per potersi comprare l’auto, anziché dedicarsi alle lunghe pause così indispensabili per prepararsi un tè alla menta come si deve?
Personalmente avrei l’impressione che governanti e governati nei paesi mussulmani siano sostanzialmente uniti nel pensiero che “Se vogliamo che tutto rimanga com'è bisogna che nulla cambi” parafrasando l'abusata frase del Principe Tancredi Falconeri: l’Occidente, per l'Islam rappresenta un pericolo mortale, come qualsiasi forma di modernità che non possa essere rigidamente controllata dal potere per fare quella che una volta veniva chiamata propaganda, come la tv o in qualche misura Internet. Può pertanto la strage di Parigi essere interpretata come un segno di debolezza e non di forza, nel senso che sono proprio gli islamici a temere che i nostri modi di vita siano così perniciosi da annacquare non solo la loro fede ma tutto il loro sistema di vita, per cui siano loro a non volere una vicinanza multiculturale e tantomeno l’integrazione?

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