Per un verso, ammiro questi ragazzi che si sino rifiutati di sostenere l'orale dell'Esame di Stato: in una Società della cominicazione come la nostra sono riusciti con il niente assoluto a far parlare di sé. Quanto sarebbe costata una campagna pubblicitaria tale da raggiungere lo stesso numero di persone con la stessa efficacia per un “prodotto” del tutto sconosciuto, “prodotto” costituito da loro stessi, di cui poco penso interessi a chicchessia? Non escluderei la loro assunzione in qualche primaria Agenzia pubblicitaria.
Ero stato appena promosso in quarta o quinta ginnasio, ‘67 o ’68 del secolo scorso. Nell’afosissima notte di una rovente estate siciliana, sentii una voce che proveniva da un balcone dell’appartamento di fronte: una ragazza “maturanda” ripeteva incessantemente a voce alta letteratura italiana, latina e greca, filosofia, matematica, fisica, scienze... sino alle oer piccole.
“Uhmm... bisognerà che mi metta a studiare seriamente...” pernsai allora.
Che forse l’Esame di maturità di allora fosse di una probabilmente insana ferocia mi venne confermato da un Generale piemontese, che ebbi modo di conoscere negli anni ’80.
“Sa, Ingegbere, ho finito l'Accademia nel giugno del 1940 e mi hanno immediatamente sbattuto in Nord Africa nee. Mi sono scoppiate bombe a pochi passi di distanza, diverse volte sono stato mitragliato da aerei così stracarichi di benzina, sa Ingegnere, noi la benzina la vedevamo con il contagocce neee, che hanno tentato di farmi la pelle con una accanita caccia all'uomo: ma se ho, ancora oggi, un incubo che mi sveglia la notte Lei sa qual è, Ingegnere? Sognare che devo ancora dare l'Esame di Maturità......."
Nel 1969 gli esami di maturità vennero resi molto più facili: solo due scritti, quattro materie all’orale, interrogazione solo in due, una scelta dal candidato e una dlla Commissione.
Tutti i Docenti erano esterni, ma non esterni per modo di dire, provenivano veramente da altre Regioni, solo un Docente era allora “interno”. Esistevano allora i “Programmi Ministeriali”, validi dalla Vetta d’Italia a Capo Passero: l’insegnante doveva, sia pure in maniera indiretta attraverso gli Esaminandi, rendere conto del suo operato durante l’anno scolastico, che ad un Collega della Materia appariva del tutto evidente dalla media della preparazione degli Alunni e posso assicurare che nessuno voleva fare quello che una volta si chiamava “brutta figura” davanti a un Collega.
Naturalmente questa situazione non poteva durare: già nei primi anni ’80 si sentivano in Sala Professori alcunə Colleghə che, con aria sospirosa, proclamavano: “Ma perché non devo avere la soddisfazione di esaminare io agli Esami di maturità gli Studenti che con tanto amore e passione ho preparato durante l’anno........?” (sic).
Sarà, ma io la soddisfazione l’avevo quando, capitando per caso a Scuola per vedere come andavano gli Esami, venivo presentato al Commissario Esterno della mia materia e mi sentivo dire con l’accento dei due Lino, Banfi o Toffolo: “Bello il progetto che hanno fatto i tuoi ragazzi quest’anno......” (modestia a parte, vero... ma mi si consenta un sano orgoglio professionale…)
Questo sistema permetteva di uniformare la preparazione degli alunni su tutta quella che una volta si chiamava “il territorio nazionale” e forniva ai Docenti la possibilità di scambi di metodologie e di confrontarsi con realtà territoriali diverse.
Ma con la scusa ufficiale che costavano troppo (cito a memoria: mi pare novanta miliardi su un bilancio complessivo di centoventimila miliardi di allora) e che esistevano problemi organizzativi (facilmente risolvibili, ci fosse solo stata la volontà) ma in realtà con ben altre motivazioni come “Non è giusto che i Professori si facciano le vacanze a spese dello Stato!” o altre del tipo “I nostri ragassi devono essere interrogati minga dai Professori terùn....” e probabilmente anche perché qualcuno non voleva ci si rendesse troppo conto delle differenze tra Regione e Regione in materia, ad esempio, di edilizia scolastica, il Ministero entusiasticamente accontentò i/le Professorə sospirosə.
Il mix tra interni ed esterni, ma sempre reclutati nel medesimo comune o nelle vicinanze, è spesso cambiato, ma questo non cambia i termini del problema. Diversi anni fa esistevano nella mia Città due Istituti Tecnici con la medesima specializzazione, con insegnamento di materie molto specifiche, distanti tra loro neppure due km. Quindi, con il fatto che non si volvano pagare trasferte ai Docenti, gli alunni del Prof. X dell’Istituto Y vennero interrogati dal Prof. A dell’Istituto Z, e viceversa.
Metto la mano sul fuoco sulla serietà e preparazione dei Colleghi, ma può essere considerato questo agire una cosa seria?
Oggi l’Esame di Maturità, o di Stato o come lo si voglia chiamare, è solo un rito di passaggio, come si è ben visto piuttosto ammaccato, che viene tenuto in vita solo perché è più complicato abolirlo che tenerlo in piedi. Figuriamoci con l’autonomia nella programmazione didattica. Che cosa mai potrà essere chiesto all’Esame di Stato?
Ritoenando ai ragazzi “scena muta”, li compiango: perché non hanno capito che l’Esame di maturità o di Stato che dir si voglia, non è un esame che si sostiene per gli altri, è un esame che si sostiene per se stessi, per poter dimostrare al proprio “Io” che si è in grdo di padroneggiare cose “difficili”.
Con questo spirito affrontai l’esame di maturità, or’è ben più di mezzo secolo, esame dove venni assistito da una fortuna che non esiterei a definire sfaccaita: anzi, di più.
Primo luglio, prima prova scritta, Italiano.
Quando lessi i testi della prova, non riuscivo a crederci.
Nonostante allora di orientamento
non se ne parlasse, avevo le idee chiare, e sapevo che mi sarei iscritto ad
Ingegneria: durante la pausa precedente l’esame feci un breve viaggio nella
Città dove avevo vissuto in anni passati e durante una passeggiata notai nella
vetrina di una libreria la copertina di un libro.
Le Corbusier Maniera di
pensare l’urbanistica”. Avevo già sentito parlare di questo Architetto grazie alla mia bravissima Insegnante di Storia dell'Arte di IIIa Liceo. Entrai, lo acquistati e lo lessi durante il viaggio.
Testo della prova: “L’Urbanistica esprime il modo di pensare di un’epoca. Il Candidato commenti questa frase dell’architetto Le Corbusier ...eccetera eccetera....” .
Una probailità su miliardi, che forse avrei preferito sfruttare per un 13 al Totocalcio. Inutile dire che il tema di italiano fu un trionfo.
Il giorno dopo, seconda prova scritta, Latino.
Il compito era molto facile, di un Autore minore di cui oggi non ricordo il nome, lo tradussi in un’oretta ma non riuscii a venire a capo di un termine, “udus”. Il vocabolario, mi dava “umido, bagnato”, ma si parlava di frutta e sapevo che i due termini non erano appropriati: fu solo quando, dopo aver consegnato, stavo per varcare il prortone dell’Istituto, che mi venne in mente il termine che avrei dovuto usare: “marcio, fradicio”.
Il ventisette di luglio (sic), orale.
Giacca scura e cravatta, ma non (solo) per rispetto per la Commissione: soprattutto per rispetto per me stesso. Inutile dire che di condizionatori allora neppure se ne parlava.
Le materie erano solo quattro,
una la sceglievi tu (scelsi Fisica) e una la Commissione, che scelse Greco.
Risposto alle domande di Fisica, il Commissario di Greco prese in mano il testo
della Tragedia, Euripide, Ifigenia in Aulide, aprì assolutamente a caso il volumetto
e mi intimò: “Traduca!”
Il testo della tragedia non veniva studiato integralmente, ma solo nelle parti più significative, e mi resi conto che i versi non erano tra quelli in programma e studiati. Che fare?
Dire “No, questo non è in
progranma!”, come avrebbe detto uno dei sindacalizzati studenti d’oggidì?
La riflessione durò un secondo. “Ce la puoi fare”, mi dissi e mi misi a
tradurre all’impronta. La traduzione non fu proprio scorrevolissima ma ci
riuscii.
A questo punto il Presidente iniziò a prendermi in giro, dicendo che avrei avuto le caratteristiche per intraprendere una carriera ecclesiastica, e al quale ribattei che se avessi avuto la certezza di diventare in breve tempo almeno vescovo ci avrei sicuramente pensato. "Ah, a proposito, visto che Lei si interessa di Architettura, mi può spiegare il fatto che un articolo che ho letto in questi giorni affermava che la "Casa sulla cascata" capolavoro di F.L. Wright, sta crollando?" Avevo sentito parlare, anche se non nello specifico, da mio Padre, durante i numerosi "shop talking party" che si svolgevano a casa dei miei di alcune crititicità dei materiali moderni, e seppi rispondere. “Ehh, quell’ “udus”..vada, vada..” fu il commiato.
E questi ragazzi che non voglio dare l’orale? Domani, quando si troveranno di fronte al Direttore del personale di un’Azienda dove hanno fatto domanda di assunzione, si sentiranno dire: “Ah, Lei è quello che non ha voluto sostenere l’orale dell’Esame di Maturità? Ah, si, bene, le faremo sapere...”