venerdì 18 luglio 2025

Esami di maturità ...d’antan

 


Per un verso, ammiro questi ragazzi che si sino rifiutati di sostenere l'orale dell'Esame di Stato: in una Società della cominicazione come la nostra sono riusciti con il niente assoluto a far parlare di sé. Quanto sarebbe costata una campagna pubblicitaria tale da raggiungere lo stesso numero di persone con la stessa efficacia per un “prodotto” del tutto sconosciuto, “prodotto” costituito da loro stessi, di cui poco penso interessi a chicchessia? Non escluderei la loro assunzione in qualche primaria Agenzia pubblicitaria.

Ero stato appena promosso in quarta o quinta ginnasio, ‘67  o ’68 del secolo scorso. Nell’afosissima notte di una rovente estate siciliana, sentii una voce che proveniva da un balcone dell’appartamento di fronte: una ragazza “maturanda” ripeteva incessantemente a voce alta letteratura italiana, latina e greca, filosofia, matematica, fisica, scienze... sino alle oer piccole.

“Uhmm... bisognerà che mi metta a studiare seriamente...” pernsai allora.

Che forse l’Esame di maturità di allora fosse di una probabilmente insana ferocia mi venne confermato da un Generale piemontese, che ebbi modo di conoscere negli anni ’80.

“Sa, Ingegbere, ho finito l'Accademia nel giugno del 1940 e mi hanno immediatamente sbattuto in Nord Africa nee. Mi sono scoppiate bombe a pochi passi di distanza, diverse volte sono stato mitragliato da aerei così stracarichi di benzina, sa Ingegnere, noi la benzina la vedevamo con il contagocce neee, che hanno tentato di farmi la pelle con una accanita caccia all'uomo: ma se ho, ancora oggi, un incubo che mi sveglia la notte Lei sa qual è, Ingegnere? Sognare che devo ancora dare l'Esame di Maturità......."

Nel 1969 gli esami di maturità vennero resi molto più facili: solo due scritti, quattro materie all’orale, interrogazione solo in due, una scelta dal candidato e una dlla Commissione.

Tutti i Docenti erano esterni, ma non esterni per modo di dire, provenivano veramente da altre Regioni, solo un Docente era allora “interno”. Esistevano allora i “Programmi Ministeriali”, validi dalla Vetta d’Italia a Capo Passero: l’insegnante doveva, sia pure in maniera indiretta attraverso gli Esaminandi, rendere conto del suo operato durante l’anno scolastico, che ad un Collega della Materia appariva del tutto evidente dalla media della preparazione degli Alunni e posso assicurare che nessuno voleva fare quello che una volta si chiamava “brutta figura” davanti a un Collega.

Naturalmente questa situazione non poteva durare: già nei primi anni ’80 si sentivano in Sala Professori alcunə Colleghə che, con aria sospirosa, proclamavano: “Ma perché non devo avere la soddisfazione di esaminare io agli Esami di maturità gli Studenti che con tanto amore e passione ho preparato durante l’anno........?” (sic).

Sarà, ma io la soddisfazione l’avevo quando, capitando per caso a Scuola per vedere come andavano gli Esami, venivo presentato al Commissario Esterno della mia materia e mi sentivo dire con l’accento dei due Lino, Banfi o Toffolo: “Bello il progetto che hanno fatto i tuoi ragazzi quest’anno......” (modestia a parte, vero... ma mi si consenta un sano orgoglio professionale…)

Questo sistema permetteva di uniformare la preparazione degli alunni su tutta quella che una volta si chiamava “il territorio nazionale” e forniva ai Docenti la possibilità di scambi di metodologie e di confrontarsi con realtà territoriali diverse.

Ma con la scusa ufficiale che costavano troppo (cito a memoria: mi pare novanta miliardi su un bilancio complessivo di centoventimila miliardi di allora) e che esistevano problemi organizzativi (facilmente risolvibili, ci fosse solo stata la volontà) ma in realtà con ben altre motivazioni come “Non è giusto che i Professori si facciano le vacanze a spese dello Stato!” o altre del tipo “I nostri ragassi devono essere interrogati minga dai Professori terùn....” e probabilmente anche perché qualcuno non voleva ci si rendesse troppo conto delle differenze tra Regione e Regione in materia, ad esempio, di edilizia scolastica, il Ministero entusiasticamente accontentò i/le Professorə sospirosə.

Il mix tra interni ed esterni, ma sempre reclutati nel medesimo comune o nelle vicinanze, è spesso cambiato, ma questo non cambia i termini del problema. Diversi anni fa esistevano nella mia Città due Istituti Tecnici con la medesima specializzazione, con insegnamento di materie molto specifiche, distanti tra loro neppure due km. Quindi, con il fatto che non si volvano pagare trasferte ai Docenti, gli alunni del Prof. X dell’Istituto Y vennero interrogati dal Prof. A dell’Istituto Z, e viceversa.

Metto la mano sul fuoco sulla serietà e preparazione dei Colleghi, ma può essere considerato questo agire una cosa seria?

Oggi l’Esame di Maturità, o di Stato o come lo si voglia chiamare, è solo un rito di passaggio, come si è ben visto piuttosto ammaccato, che viene tenuto in vita solo perché è più complicato abolirlo che tenerlo in piedi. Figuriamoci con l’autonomia nella programmazione didattica. Che cosa mai potrà essere chiesto all’Esame di Stato?

Ritoenando ai ragazzi “scena muta”, li compiango: perché non hanno capito che l’Esame di maturità o di Stato che dir si voglia, non è un esame che si sostiene per gli altri, è un esame che si sostiene per se stessi, per poter dimostrare al proprio “Io” che si è in grdo di padroneggiare cose “difficili”.

Con questo spirito affrontai l’esame di maturità,  or’è ben più di mezzo secolo, esame dove venni assistito da una fortuna che non esiterei a definire sfaccaita: anzi, di più.

Primo luglio, prima prova scritta, Italiano.
Quando lessi i testi della prova, non riuscivo a crederci.

Nonostante allora di orientamento non se ne parlasse, avevo le idee chiare, e sapevo che mi sarei iscritto ad Ingegneria: durante la pausa precedente l’esame feci un breve viaggio nella Città dove avevo vissuto in anni passati e durante una passeggiata notai nella vetrina di una libreria la copertina di un libro.
 Le Corbusier Maniera di pensare l’urbanistica”.  Avevo già sentito parlare di questo Architetto grazie alla mia bravissima Insegnante di Storia dell'Arte di IIIa Liceo. Entrai, lo acquistati e lo lessi durante il viaggio.

Testo della prova: “L’Urbanistica esprime il modo di pensare di un’epoca. Il Candidato commenti questa frase dell’architetto Le Corbusier ...eccetera eccetera....” .

Una probailità su miliardi, che forse avrei preferito sfruttare per un 13 al Totocalcio. Inutile dire che il tema di italiano fu un trionfo.

Il giorno dopo, seconda prova scritta, Latino.

Il compito era molto facile, di un Autore minore di cui oggi non ricordo il nome, lo tradussi in un’oretta ma non riuscii a venire a capo di un termine, “udus”. Il vocabolario, mi dava “umido, bagnato”, ma si parlava di frutta e sapevo che i due termini non erano appropriati: fu solo quando, dopo aver consegnato, stavo per varcare il prortone dell’Istituto, che mi venne in mente il termine che avrei dovuto usare: “marcio, fradicio”.

Il ventisette di luglio (sic), orale.

Giacca scura e cravatta, ma non (solo) per rispetto per la Commissione: soprattutto per rispetto per me stesso. Inutile dire che di condizionatori allora neppure se ne parlava.

Le materie erano solo quattro, una la sceglievi tu (scelsi Fisica) e una la Commissione, che scelse Greco.
Risposto alle domande di Fisica, il Commissario di Greco prese in mano il testo della Tragedia, Euripide, Ifigenia in Aulide, aprì assolutamente a caso il volumetto e mi intimò: “Traduca!”

Il testo della tragedia non veniva studiato integralmente, ma solo  nelle parti più significative, e mi resi conto che i versi non erano tra quelli in programma e studiati. Che fare?

Dire “No, questo non è in progranma!”, come avrebbe detto uno dei sindacalizzati studenti d’oggidì?
La riflessione durò un secondo. “Ce la puoi fare”, mi dissi e mi misi a tradurre all’impronta. La traduzione non fu proprio scorrevolissima ma ci riuscii.

A questo punto il Presidente iniziò a prendermi in giro, dicendo che avrei avuto le caratteristiche per intraprendere una carriera ecclesiastica, e al quale ribattei che se avessi avuto la certezza di diventare in breve tempo almeno vescovo ci avrei sicuramente pensato. "Ah, a proposito, visto che Lei si interessa di Architettura, mi può spiegare il fatto che un articolo che ho letto in questi giorni affermava che la "Casa sulla cascata" capolavoro di F.L. Wright, sta crollando?" Avevo sentito parlare, anche se non nello specifico, da mio Padre, durante i numerosi "shop talking party" che si svolgevano a casa dei miei di alcune crititicità dei materiali moderni, e seppi rispondere. “Ehh, quell’ “udus”..vada, vada..” fu il commiato.

E questi ragazzi che non voglio dare l’orale? Domani, quando si troveranno di fronte al Direttore del personale di un’Azienda dove hanno fatto domanda di assunzione, si sentiranno dire: “Ah, Lei è quello che non ha voluto sostenere l’orale dell’Esame di Maturità? Ah, si, bene, le faremo sapere...”

sabato 19 aprile 2025

Il “fentanyl”

  

Una dose letale di fentanyl

Ben oltre trent’anni fa conobbi un Industriale del Nord Italia dal quale ebbi alcuni incarichi professionali.

“Domani devo andare per lavoro a Phiiladelphia..” ebbe a dirmi una volta. “..una città pessima. Negli S.U. gira la storiella dei premi di una lotteria: primo premio una settimana a Phiiladelphia, secondo premio due settimane, terzo premio tre settimane a Phiiladelphia.”

Da alora ad oggi, le cose a quanto pare, non sono cambiate in meglio.

https://youtu.be/SJDMR1-zCYM?si=LyCHdKrMuPPSbxd4

 

Naturalmente non tutti i quartieri degli S.U. sono come quello descritto nel filmato, perlomento quelli dove il reddito degli abitanti permette l’utilizzo di vigilantes che guardano con sospetto chiunque non sia conosciuto: si legga, ad esempio, “Il pianeta di Mr. Sammler”, del Nobel per la letteratura del 1976 Saul Bellow,che mostra come il problema venga da molto lontano.

Questo fa parte del sistama: benché la California spenda ogni anno 50.00 $ all’anno per ogni homeless, che non è una cifra piccola se sei considera che questo è lo stipendio annuale di una commessa o di un operaio con una bassa qualifica, ma negli S.U. se qualcuno vuole drogarsi non può essere costretto con la forza a smettere, per cui la Polizia cerca di “contenere” il fenomeno entro limiti “geografici” relativamente ristretti, ma che sono comunque in costante e rapido aumento.

Non so se qualcuno ha notato la scritta al neon sulla vetrina del negozio il cui proprietario è stato intervistato.

“We buy gold” c’è scritto.

Che provenienza avrà questo “gold”? E a quanto verrà pagato a un poveraccio in crisi di astinenza?

Ecco perché il proprietario di quel negozio e inoltre, a sua dire, di una bellissima casa distante da lì, da quel quartiere non se ne vorrà mai andare.

Ma se si pensa che la situazione, in alcuni Stati degli S.U. , in temini numerici assoluti, è ancora più grave si può immaginare il pericolo che corre l’Occidente e di conseguenza il Mondo.

Ma in Italia c’è chi ha vivamante protestato perché è stata vietata la libera vendita di alcune sostanze con effetti, a dir loro, “ricreativi”...

giovedì 17 aprile 2025

Elegia americana


    " (Mio nonno) Era corso alla macchian e aveva preso una 44 Magnum per sé e una 38 Special per la nonna." Cap. 7 , pag. 111 (Ed. Kindle).

Certo, 38 Special, calibro più adatto ad una signora....

 Non che io apprezzi e tantomeno condivida certe recenti esternazioni del vice-Presidente americano, questo sia chiaro da subito ma, proprio per questo, mi sto affrettando a leggere questo libro.

    Gli europei, da sempre, hanno l’idea che gli americani ( intendendo con questo termine i cittadini U.S.A.) abbiano un modo di pensare più o meno simile a quello degli europei, e quindi applicano agli avvenimenti U.S.A. sistemi logici che si rivelano spesso completamente sbagliati, soprattutto perché partono da basi di conoscenza inesatte, spesso fomentate dalla propaganda “europeistica” che ci vuole far credere che noi europei viviamo nel migliore dei mondi posibili.

    Niente di più errato: la “Weltanschauung” di un americano è diversa da quella di un europeo quanto quella di un indiano o di un abitatnte delle Samoa, o anche di più, se possibile.

    Questo libro mostra quanto alcuni degli stereotipi con i quali noi europei pensiamo agli U.S.A. siano falsi: il fatto che gli europei pensano che negli U.S.A. non esista un welfare, ad esempio, cosa completamente sbagliata, e che negli S.U. ha creato addirittura un nuovo termine, quello di “welfare queen” ossia persone, in genere donne, che hanno scoperto che campicchiare di assistenza pubblica è molto meno faticoso e stressante che cercarsi un lavoro.

    Sono d’accordo con quanto scritto da alcuni recensori: per chi vuole veramente capire gli S.U. trumpiani questo libro è indispensabile e mi spiega il fatto della nomina dell’Autore alla vice-Presidenza, anche se non non condivido che questi fatti siano poco noti: sono notissimi a chi non guarda con lenti ideologiche.

    Sto finendo di leggerlo e mi riservo qualche ulteriore commento dopo una rilettura.

Elegia americana di J.D. Vance (Autore), Roberto Merlini (Traduttore), Ed Garzanti.



giovedì 10 aprile 2025

The remains of the day


Autocarri amricani forniti in base alla Legge "Lend&Lease" all'Armata Rossa, Mosca 1944.

Spesso i film non sono alla stezza altezza del libro da cui è stata tratta la loro sceneggiatura: una delle poche eccezioni che, a mio modestissimo parere, confermano la regola è ”The remains of the day”, libro scritto da Kazuo Ishiguro e film diretto da James Ivory.

Trascurando la storia principale, al film fa da sfondo una conferenza internazionale organizzata dal ricchissimo Lord proprietario di una splendida magione britannica, con lo scopo di aiutare la Germania nel difficilissimo periodo del Primo dopoguerra, penalizzata, a dire del Lord organizzatore, da condizioni imposte dai vincitori troppo pesanti.

Dopo la sontuosa ed elegantissima cena, i delegati prendono la parola. Ad un certo punto si alza il giovane Delegato statunitense, che che afferma la futilità di questa iniziativa perché, afferma, “…certe cose occorre lasciare fare ai professionisti, e non a dilettanti, per quanto benintenzionati.” Gelo dei presenti.

L’attuale Presidente degli S.U., dilettante allo sbaraglio, evidentemente non ha visto il film, tantomeno letto il romanzo, e quindi non può averne tratto nessun insegnamento: lungi da me qualsiasi intenzione di difenderlo per il caos che ha creato nel mondo in questi giorni.

Ma ci sono ragioni per comprendere alcune delle sue sgangherate mosse, a parte il riequilibrio della bilancia dei pagamenti U.S.A.

Gli S.U. vinsero la IIa G.M. dato lo strapotere del loro sistema industriale, talmente potente da potersi permettere di armare non solo le loro FF.AA, ma di armare e di nutrire, se non integralmente perlomeno in maniera sostanziale, un immenso Esercito come l’Armata Rossa, attraverso la legge “Lend&Lease”.

Senza sminuire il contributo dato dall’Armata Rossa al Secondo Conflitto Mondiale, senza la legge “Lend &Lease”, sulla quale sono state scritte migliaia di pagine, e quindi senza le decine di migliaia di autocarri Chevrolet e Studebaker, le locomotive, gli aeroplani ed il loro carburante, le radio ricetrasmittenti, il munizionamento perforante, i radar, il grano e la farina, le Liberty ships che trasportavano il tutto, la Wehrmacht sarebbe arrivata a Vladivostock in pochi mesi.

Naturalmente, per ovvie ragioni propagandistiche, l’Unione Sovietica negò sempre in tutti i modi l’apporto logistico dato dagli S.U. e, durante tutta la guerra, ma soprattutto dopo, ben si guardò da diffondere fotografie dove veniva mostrato equipaggiamento di produzione non sovietica.

Come è sempre stato, le guerre sono state vinte da chi ha messo di fronte all’avversario non solo truppe più numerose, ma meglio organizzate logisticamente: vedi guerra italian in Libia, 1940.

“Amateurs think strategy, professionals think logistics” affermava il Generale statunitense Omar Bradley.

Qundi, per poter vincere una guerra, c’è bisogno di un retroterra industiale enorme.

Esattamente come in qualsiasi cantiere per la costruzione di un qualcosa, sia esso un ponte o una nave, se si mettono due persone a dirigerlo, questo cantiere andrà sicuramente in perdita, occorre a questo punto ricondare il postulato fondamentale della c.d. “Globalizzazione”: quest’ultima può avvenire può avvenire solamente in presenza di una sola Nazione che faccia da “gendarme”.

L’attuale Presidente benissimo si è reso conto che senza una base industriale forte gli S.U. non potranno più adempiere al loro compito e quindi, agendo con la delicatezza di un elefante in una cristalleria, sta tentando di ricrearla: di certo fare una guerra alla Cina equipaggiando i soldati con visori notturni ”Made in P.R.C.” potrebbe essere una contraddizione in termini.

Questo discorso non è di certo nuovo: fu l’amatissimo dagli europei Presidente Obama a iniziarlo.

Quando il Presidente Obama consegnò a Matchionne le chiavi della Chrysler, durante i discorsi di circostanza fece una osservazione nettisima: “… sarà indispensabile che queste auto americane siano prodotte con acciaio americano…”

E che cosa è questo, se non l’anticipazione di quello che Trump sta facendo adesso?

A questo si aggiunge inoltre la profonda crisi morale e sociale che atraversa gli S.U.: il “fentanyl” sta distruggendo la gioventù americana,

https://youtu.be/1xik2yV9bWY?si=Ug_xc0AZUm5aY_M1

tanto che le FF.AA. U.S.A. non riescono più a coprire gli arruolamenti, nonostante i miglioramenti salariali e di condizioni di vita offerti in questi anni.

La finiremo come afferma l’incipit del famoso libretto di von Clausewitz?

Speriamo di no….

mercoledì 26 marzo 2025

Terrifyng...

 

Le intercettazioni “casuali” (casuali? mah…) tra due dei due maggiori Responsabili politici delle FF.AA. statunitensi (il Vicepresidente, un ex-militare!, e il Segretario alla Difesa) lasciano allibiti.

Gli “scoccia” difendere il commercio marittimo europeo? Ma non si rendono conto che stanno difendendo (e controllando...) innanzitutto il commercio dei loro principali alleati, vale a dire Arabia Saudita e Paesi del Golfo? E che la difesa degli S.U. è molto meglio farla in Europa piuttosto che farla a casa loro?

Gli S.U. hanno fatto le due Guerre mondiali con due scopi precisi; la prima per far diventare l'Atlantico un lago americano, e la Seconda per completare l'opera e perché lo diventasse il Pacifico. Possibile che adesso vogliano rinunciarci?

Da che mondo è mondo tutti gli “Imperi” hanno sempre cercato di portare le proprie truppe il più distante possibile dalla Madrepatria, in maniera da evitare l’incomodo di fare una guerra a casa propria e mai un “Impero”, se non in fase di completa marcescenza politica, morale ed economica, ha mai riportato a casa le proprie truppe perché “costavano troppo”.

C’è da restare basiti rispetto a queste dichiarazioni.
Ma queste intercettazioni, saltate fuori “per caso”, che dimostrano in maniera lampante la pochezza dell’attuale classe dirigente americana, significano probabilmente che negli S.U. qualcuno che ancora ragiona, e che ragiona soprattutto per il benessere degli interessi statunitensi, c’è.

Non che l'Europa, a modesto parere del sottoscritto, non abbia le sue pecche, gravi!, più volte evidenziate in questo blog, e di questo si parlerà in altra sede.