domenica 9 settembre 2012

Scuola italiana e Raffinerie di petrolio




Mi sembra che le argomentazioni con intenzione chiarificatrice del Prof. Dei riportate più sopra siano, in base alla mia ultratrentennale esperienza non solo di insegnante ma anche di professionista nel mondo del Lavoro, e a mio personale parere naturalmente, ancora meno condivisibili degli articoli che le hanno generate.

Il Prof. Marcello Dei scrive:

“In Italia prima degli anni ottanta, la scuola era classista quanto e forse più di oggi. E da noi come negli altri paesi dell’Occidente, la società, era solidamente ancorata all’economia di mercato.”

Queste parole possono probabilmente essere considerate un conciso riassunto di quanto scrive Friedrich Nietzsche in “Sull’avvenire delle nostre scuole” in particolare pagg. 30 e segg, Ed. Adelphi, alle quali rimando.
Come sia andata quando qualcuno ha sciaguratamente voluto ancorare la propria azione pratica e politica al pensiero di alcuni grandi Filosofi dell’800 la Storia lo ha chiaramente dimostrato: personalmente ho letto con estremo interesse quelle pagine ma dissento totalmente da quell’impostazione.

La Scuola pre-’68 (ero in prima Liceo Classico) non era solidamente ancorata all’economia di mercato “tout court”: molto più semplicemente la Scuola era ancorata a una Società Civile che aveva i suoi valori e, certo, anche una sua economia, grazie alla quale la Scuola riceveva, e riceve, i mezzi per operare.

Scuola e Istruzione che, in ogni caso, dovevano essere finalizzate a quello che, in qualsiasi tipo di società evoluta, qualsiasi cittadino deve necessariamente fare nel corso della sua vita: lavorare.
E a questo punto sottoscrivo e faccio mio quello che Primo Levi dice in “La chiave a stella”, pag. 81, Einaudi tascabili, 1978.

Forse che in una economia sovietizzata era lecito trascurare lo studio dei passi delle filettature o il diagramma portata-prevalenza di una pompa idraulica?
Purtroppo questo temo sia probabile, come del resto scrive Piero Ostellino in “Vivere in Russia”, Ed. Rizzoli, 1977, pagg. 31-59, e come io stesso ho avuto modo di constatare.
Come sia andata a finire anche qui la Storia lo ha dimostrato.

E non a caso ho citato una pompa idraulica.

Esempio italiano.

Tempo fa una Raffineria di petrolio nota soprattutto per il Proprietario, Presidente di una Squadra di Calcio di serie A, bandì una selezione per l’assunzione di alcuni giovani neodiplomati.
L’assunzione in questa Azienda, con la fame di posti di lavoro nella zona in cui si trova, viene considerata poco meno di una vincita al superenalotto.

Davanti alla Commissione esaminatrice, formata dall’Ingegnere Capoufficio tecnico, dal Direttore del Personale e da alcuni altri Caposervizio si presenta un giovane Perito meccanico.

Ci parli delle pompe idrauliche.” esordisce l’Ingegnere.
Le pompeeeee..........”
“Si, ci dica.”
“Le pompeeeeee........”
“Si, bene, ci parli di queste pompe.”
“Le pompeeeeee.......”
“Allora?”
“Le pompeeeeee ............... sono di gomma e servono per innaffiare i giardini!”

esclama il giovane Perito, con l’aria ammiccante e furbesca di chi ritiene di aver detto una esilarante battuta, e che per questo sarà considerato la persona più simpatica di questo mondo e proprio per questo assunto........

L’Ingegnere Capo diventa paonazzo, le vene del collo gli si gonfiano ma fortunatamente evita l’ictus.

“Lei se ne vada e non faccia perdere tempo alla gente che lavora. Lei dove si è diplomato?”

“Istituto Tecnico Tal dei Tali.”

“Signorina!” esclama chiamando la Segretaria “Mi passi al telefono il Preside dell’Istituto Tal dei Tali!”
E il Preside dell’Istituto tal dei Tali si becca dal Capo Ufficio Tecnico della nota Raffineria un’intemerata coi fiocchi, comprendente barba, capelli, shampoo e lozione.

Dopo una scenata del genere un Preside di una volta avrebbe avuto un’unica scelta, il suicidio.

Ordunque.

Viene considerato “edonismo reaganiano” il fatto che per lavorare in una Raffineria si debbano conoscere le pompe idrauliche o questo rappresenta un insopportabile tecnicismo, volto unicamente a incrementare una sciagurata economia di mercato e una perversa società dei consumi?

E’ classista una Scuola dove, nell’ipotesi di poter avere un giorno un agognato lavoro in una Raffineria, si studiano, oh, che noia, le pompe idrauliche, o sarebbe sicuramente meglio sviscerare le problematiche sociali relative al sottoproletariato agricolo del Chapas?

Ma mi faccia il piacere.......

Che ci siano poi schiere di genitori che reclamino urlanti la promozione a tutti i costi dei loro figli, mi si passi l’espressione assai poco politicamente corretta ma pregnante “asini”, in base a filosofie di vita che hanno nell’ “edonismo reaganiano” e nella “società del benessere” la loro base fondante, neanche questo mi risulta, perlomeno in misura sostanzialmente significativa.

In trentadue anni mi è capitato un solo caso, di un alunno peraltro con gravissimi problemi di disgrafia e discalculia conclamate, che i genitori avevano costretto a iscriversi a un Istituto Tecnico per Geometri: promosso e diplomato, sempre con mio voto contrario, assieme a quello della Collega di Matematica.
Ma in questo caso non solo l’alunno, che era una vittima, ma soprattutto i Genitori che ad ogni costo reclamavano la promozione del figlio erano da sottoporre a cure psichiatriche serie.

Ma in genere, per la totalità di questi genitori, è sufficiente sciorinare le carte secrete dai loro augusti rampolli, o anche non sciorinarle, perché non ne hanno prodotta alcuna....
Sufficiente in quest'ultimo caso tenere un registrino dove l’alunno scrive di suo pugno “Non ho fatto i compiti assegnati a casa”, con data e loro firma autografa, registro che viene conservato a futura memoria.......

No, il degrado della scuola italiana gira in altre sfere, che non si vogliono vedere perché scardinerebbero alla base ideologie conclamate.

Evidentemente, quattrocento anni dopo Galileo, la "sensata esperienza" non è ancora alla base del nostro operare.

Ma qui mi fermo perché non vorrei abusare della pazienza di chi mi ha letto e che ringrazio per l’attenzione.

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