mercoledì 2 marzo 2022

Qualche considerazione personale sul conflitto in Ucraina


 

                                        Nella foto: un portasigarette ungherese, con il fronte russo-ucraino nella IIa G.M.

Il caro amico Ettore, già Docente di Storia e Filosofia in un Liceo cittadino, e a cui mi lega una ultra-sessantennale amicizia, sapendo che una delle grandi passioni della mia vita è lo studio della tecnologia applicata alle questioni militari (il primo libro sulla storia dell’aviazione mi venne regalato nel 1960...) mi ha molto cortesemente chiesto di scrivere qualcosa di personale sul conflitto che non solo sta devastando l’Ucraina, ma che sta mettendo in crisi il sistema che per quasi ottanta anni ha garantito la pace in Europa. Non solo un piacere per me ma anche un onore.

 

Purtroppo non credo che riuscirò ad essere sintetico, come richiesto da Ettore, perché sono troppe le sfaccettature che si intersecano e gli argomenti che devono essere trattati per avere una chiara visione d’insieme. Inoltre, ad un problema così complesso non può essere data una risposta semplice. Tuttavia, se non riuscirò ad essere sintetico, cercherò di esprimere le mie idee con la massima chiarezza possibile, naturalmente  in base alle mie personali convinzioni, che non richiedo siano condivise, ed alle mie conoscenze ed informazioni, che per necessità di cose risultano ovviamente incomplete.

 

Putin è “malato”?

 

Giusto per iniziare dirò che da una persona sicuramente “astuta” come Vladimir Putin non mi aspettavo una mossa politicamente becera come l’invasione dell’Ucraina, che è stata ancora peggiore dell’invasione della Cecoslovacchia del 1968 che, ricordo benissimo, seguii in diretta per radio in quanto mi trovavo in un Paese, la Libia, dove la TV italiana non arrivava.

Probabilmente questa invasione di più si avvicina a quella, altrettanto tragica, dell’Ungheria del 1956.

 

Come già altri dittatori nella Storia, molti di questi tendono a credere non alla realtà ma alla propria visione della realtà, cosa che ha portato ai loro popoli, e non solo ai loro, inenarrabili sofferenze.

Una volta di più occorre citare un politico britannico, Lord Acton: "Il potere corrompe, e il potere assoluto corrompe assolutamente".

Ascoltavo poche ore fa la voce di un autorevole commentatore, il quale riferiva che Putin è da mesi completamente isolato e che i suoi consiglieri debbano fare settimane di anticamera per parlargli: la tipica situazione paranoica di un dittatore che ha paura di essere fatto fuori?

Pare assuma inoltre forti dosi di farmaci (anche psicofarmaci?) come dimostrato dal viso gonfio e da altri particolari dell'atteggiamento: un Putin ben diverso da quello che cavalcava gli orsi.

 

Che si stia già preparando la sua successione, e che ci siano all’interno del Cremlino fazioni che si stanno posizionando per assumere il potere? L'intelligence statunitense, che stranamente in questa occasione ha fatto un'ottima figura, riferisce che i militari pare gli abbiano forzato la mano e abbiano premuto per una azione di forza.

In ogni caso, che ci siano contrasti, la cui entità è tutta da controllare, nella attuale classe dirigente russa (stavo per dire sovietica...), è dimostrato dal video di pochi giorni fa, dove Putin redarguisce come uno scolaretto il Capo dei Servizi segreti.  In pubblico!

Era un messaggio registrato, quindi questo pezzo poteva facilmente essere espunto dal contesto, e che questo non sia stato fatto assume un valore particolare.

Possibile che tra le fazioni contrapposte abbia vinto quella guerrafondaia, per una semplice questione di potere interno. Non sarebbe la prima volta che capita nella Storia, e in particolare in quella russa.

 

Ritornando all’aggressione dell’Ucraina, questa dimostrazione di potenza bellica con sparate di razzi e carri armati mi sembra personalmente un segno di debolezza, e non di forza.

"Vincere senza estrarre la spada" è una delle massime fondamentali del Bushido (la Via del guerriero, nelle Arti marziali giapponesi) e Putin, esperto di Arti marziali, questo detto dovrebbe ben conoscerlo.

 

Premetto che, sino all’invasione dell’Ucraina, non ero pregiudizialmente contrario al regime russo, e anche a farci affari (in maniera oculata...) perché, partendo dal regime zarista e passando per quello comunista, arrivare in Russia ad una democrazia pienamente compiuta mi sembrava veramente troppo, anche se di certo il regime non mi piaceva. Del resto, se facciamo affari con la Cina, il cui regime non è di certo migliore, possiamo farli anche con la Russia. Ma la circostanza non può che confermare quello che diceva un altro politico britannico, troppo noto per citarne il nome:  “…la democrazia è certamente un pessimo sistema per governare una Nazione. Peccato però che non ne esistano altri.” Questa invasione ha pienamente dimostrato la validità di questo assunto.

 

Lessi tempo fa la sentenza di un tribunale coranico, sentenza che condannava tutti, cioè la moglie fedifraga, l’amante e il marito cornuto, e non si salvava neppure il cammello con il quale i due amanti erano scappati: come in quella sentenza, secondo il mio modestissimo parere, nessuno dei quattro attori principali, vale a dire U.S.A., Russia, Unione Europea e la stessa Ucraina in questa situazione appare esente da colpe.

 

Il problema dell’energia e in particolare del gas

 

Per dipanare la matassa iniziamo subito da un fatto imprescindibile: “Quale è la differenza tra l’uomo e l’animale?”

 

Di certo non l’intelligenza, la forza o qualsiasi altra cosa. La differenza tra l’uomo e l’animale consiste nel fatto che solo l’uomo è in grado di utilizzare a proprio vantaggio una forma di  energia che non sia quella fornita dai propri muscoli. Nella fattispecie, questa forma di energia è quella del fuoco.

 

Gli antichi greci avevano perfettamente presente il problema etico che questo fatto comportava e lo sintetizzarono nel mito di Prometeo.

Prometeo, mosso a pietà, ruba il fuoco agli dei per regalarlo agli uomini, provocando in questo modo l’ira di Zeus.

“Criminale, cosa hai fatto?” gli urla dietro il Re degli Dei “ ti rendi conto per quali usi malvagi gli uomini utilizzeranno il fuoco, visto che adesso lo possiedono?”

Per punizione Zeus fece incatenare Prometeo dai suoi fratelli Titani ad un monte e tutti i giorni mandava un’aquila che gli rodeva il fegato.

La Teoria della relatività e la bomba atomica hanno perfettamente confermato la giustezza della visione degli antichi greci.

 

La questione energetica è il problema principale del mondo moderno ed è quella a cui tutta una serie di fatti geopolitici sono collegati.
Inutile dire che gli Stati Uniti, i quali furono i primi ad estrarre il petrolio su scala industriale, furono anche i primi a rendersi conto della sua importanza ed a prenderne il controllo, a partire già dalla Ia G.M.

Quando ci fu nel 1973 la prima crisi petrolifera i Paesi dell’OPEC ed alcuni Paesi europei organizzarono a Vienna una riunione informale, per cercare di mettersi d’accordo direttamente su forniture e prezzi, bypassando l’intermediazione del dollaro.

Alla riunione piombò, non invitato, Henry Kissinger, il quale non si sedette neppure al tavolo, ma facendo capolino alla porta disse soltanto tre parole: “Non vi azzardate.”

Alla chetichella, la riunione fu sciolta.

Nel maggio 2002 Berlusconi invitò l’“amico Putin” al famoso incontro di Pratica di Mare. Ci fu la conferenza stampa.

“Adesso che l’Europa ha l’euro”, chiese un giornalista-Vispa Teresa, “non potremmo pagare direttamente le forniture di petrolio russo con questa valuta?”

Il viso di Putin, inquadrato in primo piano, arrossì violentemente, cosa che con la sua carnagione bianca di slavo si vide benissimo alla TV e, appena ripresosi, rispose: “No, certamente no. Ci sono trattati internazionali che affermano che il prezzo del petrolio deve essere negoziato in dollari”.

“E per il gas?” insistette il giornalista.

“Per il gas, forse... non ci sono trattati internazionali simili”, la risposta.

 

Iniziamo a chiarire alcuni aspetti tecnici. Il petrolio al giorno d’oggi viene estratto in maniera quasi esclusiva in regioni a clima caldo quali Arabia Saudita, Paesi del Golfo, Nigeria, Venezuela, Golfo del Messico. Questo perché, se durante l’estrazione il petrolio greggio congela, si separa la parte paraffinica (solida) che ostruirebbe le condotte e impedirebbe quindi il pompaggio. Il petrolio viene estratto nei climi freddi, come l’Alaska o la Russia, solo dove è talmente abbondante ed i costi di produzione sono talmente bassi da giustificarne l’estrazione, o come nel caso del petrolio del Mare del Nord, dove viene centellinato da Norvegia e Gran Bretagna per utilizzarlo come riserva strategica. Non si sa mai.

Questo non avviene per il gas, anzi, al contrario, l’estrazione in climi freddi va benissimo, ed ecco perché per la Russia risulta più conveniente esportare gas piuttosto che petrolio.

 

Inoltre mentre il petrolio, per la stragrande maggioranza dei quantitativi, deve essere movimentato via nave, questo non avviene per il gas, che può essere trasportato attraverso i gasdotti, anche per lunghe distanze.

L’importanza del gas risulta accresciuta negli ultimi anni sia per il minore inquinamento prodotto in contesti come il riscaldamento domestico nelle grandi città europee e asiatiche, sia per la facilità della gestione, in quanto viene trasportato in condotte di diametro sempre minore come una specie di sistema sanguigno, gli impianti per utilizzarlo sono inoltre più semplici ed esistono altri fatti tecnici su cui non mi dilungo.

 

I Paesi europei sono quindi diventati grandi consumatori di gas naturale. E da dove prenderlo, considerando che alcuni Paesi tradizionalmente fornitori, come l’Algeria e la Libia sono considerati da alcuni anni politicamente troppo instabili per garantire forniture affidabili?
Lascio al lettore la ovvia risposta.

A questo si aggiunge il fatto che, come già in epoca comunista, la Russia ha fame di valuta pregiata per finanziare le sue importazioni e si è creato quindi un circolo, come il conflitto in Ucraina evidentemente dimostra, di certo non virtuoso, che vede alcuni Paesi europei che acquistano gas russo per poter spedire in cambio del gas BMW, Mercedes, prosecco e radicchio trevigiano.

 

Naturalmente questo flusso di gas deve passare tramite gasdotti che attraversano, guarda caso, principalmente l’Ucraina.

Secondo quanto lamentato più volte dai russi già diversi anni fa, i diritti di attraversamento del gas in territorio ucraino sarebbero eccessivamente esosi ed inoltre la “quota parte” (chiamiamola così..) che gli ucraini si tratterrebbero per i loro consumi sarebbe troppo elevata.

Russi e tedeschi, due popoli che forse se presi singolarmente sarebbero due grandi popoli, ma che se riuniti, sia che se le diano di santa ragione, sia che si mettano d’accordo, fanno danni, si fecero la grande pensata: “ ...perché non costruiamo un bel gasdotto che porti il gas direttamente dal territorio russo sino alla Germania passando per il Mare del Nord? Ci evitiamo in questo modo un sacco di spese e di seccature...”

Naturalmente, appena gli americani lo seppero, non si limitarono ad esprimere la loro contrarietà: su questo fatto furono non solo limpidi, cristallini e d’alta montagna ma direi espliciti sino alla brutalità, perché gli americani non sono i britannici. *

“Questo gasdotto non s’ha da fare né domani né mai..” la loro chiarissima posizione. “In questo modo il rifornimento energetico di tutte le repubbliche ex-sovietiche sarà messo a repentaglio, e l’Europa sarà eccessivamente dipendente dalle forniture di gas russo. Piuttosto, diversificate le forniture e costruite i rigassificatori: vi manderemo noi direttamente dalla Louisiana il GPL, a prezzi di favore.”

Risposta dell’Europa (Italia compresa, ovviamente): “Nooooo… i rigassificatori sono inquinanti e puzzano. Inoltre, non vogliamo avere davanti alle nostre coste queste navi ingombranti e pericolose. Il gas russo ci è così comodo...”

A Romano Prodi venne chiesto di assumere la presidenza di un Ente simile per la costruzione del South Stream, ma il Nostro, che di certo non difetta di esperienza, né nazionale, né internazionale di un certo tipo di affari, ben sapendo che il gas può essere "pericoloso", rifiutò inorridito .

 

https://www.reuters.com/article/oitbs-prodi-south-stream-idITL287213120080428

 

Si può discutere all’infinito sul fatto che gli americani abbiano, o no, il diritto di interferire in tale modo sugli affari europei, ma in ogni caso i fatti hanno dimostrato chi ha il coltello dalla parte del manico.

 

https://www.reuters.com/business/energy/us-venture-global-signs-lng-deals-with-chinas-sinopec-documents-2021-10-20/?fbclid=IwAR0YrYo6ohsvCW4x19Vz1Nc0ndV0B0PC2PidtNDby5sZEzrGSjrNbizg54U

 

Come mai la Repubblica Popolare Cinese ha firmato questo grosso contratto con le aziende statunitensi? E perché non lo hanno acquistato dall’”amico Putin”? (A questo proposito ci sono alcuni fatti tecnici che non rendono per ora questo fatto possibile, sui quali non mi dilungo). Acquistare energia significa, come si è visto con la crisi ucraina, in qualche modo dipendere politicamente dal tuo fornitore. Che gli statunitensi abbiano convincenti mezzi di persuasione?

Un Presidente americano, alla domanda di cosa fosse la politica, testualmente rispose . “Speak softly, and carry a big stick.”

 

Notizia relativamente recente è la scoperta, da parte di imprese italiane, di importantissimi giacimenti di gas al largo delle coste egiziane. Tra il caso del povero Giulio Regeni e questa scoperta potrebbe esserci qualche correlazione?

Per spiegarlo, mi sia consentita una digressione.

 

La mia famiglia visse nel Paese che inventò l'integralismo islamico dal 1967 al 1989. Tutte le linee telefoniche erano sotto controllo, di teleselezione internazionale neppure a parlarne, per avere una comunicazione con l’Italia ci volevano ore di attesa ai posti telefonici pubblici: le comunicazioni tra le Imprese Italiane operanti in quel paese e la madrepatria avvenivano tramite la telescrivente, strumento facilmente controllabile da parte della Polizia.

Gli operai italiani che ci andavano a lavorare venivano attentamente catechizzati dai responsabili delle Imprese che lì operavano: “State attenti: non parlate mai né del Paese dove vi trovate né tantomeno di politica, se qualcuno vi chiede qualcosa o vi fa qualche discorso tenetevi sulle generali, svicolate e parlate di Inter e di Juventus”.

La vita, per operai, tecnici e manager, era molto dura: si lavorava come minimo dieci ma anche dodici ore al giorno, sei giorni la settimana, e la domenica nei primi anni, il venerdì poi, gli unici spassi in un campo in mezzo al deserto erano il ping-pong, il biliardino o una partita a scopone. Di vino “legale” neppure a parlarne, le donne uno si dimenticava pure come erano fatte.

Una volta un operaio, ottenuta dopo ore di attesa la sospirata comunicazione con l’Italia, entrato dentro la cabina telefonica, preso probabilmente dal cafard sahariano e dalla nostalgia per la famiglia, dimentico delle regole di prudenza che gli erano state suggerite, iniziò a sciacquarsi la bocca mentre parlava : ”Questo è un paese di m....,qui si sta da cani .... gli abitanti sono dei ..... “ eccetera eccetera, eccetera. La porta della cabina telefonica si spalancò all’improvviso, quattro braccia lo strapparono di peso fuori e iniziarono a prenderlo a sberle. Venne portato al posto di polizia e solo grazie al fatto che mio Padre aveva stretti rapporti di lavoro con il Capo dei servizi segreti si riuscì ad ottenere un visto d’uscita e imbarcarlo su un aereo per l’Italia senza fargli provare come fossero fatte le galere di quel Paese.

 

Il ricercatore italiano Giulio Regeni al Cairo aveva sicuramente il telefono controllato ed era quantomeno tenuto d’occhio dalla Polizia segreta, che con ogni probabilità annotava ogni suo spostamento e ogni suo incontro, e di sicuro era a conoscenza di chi incontrava e di cosa diceva.

Ma perché uccidere uno straniero, e in una maniera così barbara, facendo poi ritrovare il corpo ridotto in condizioni orribili, quando sarebbe stato tanto più semplice prendere questo ragazzo per un orecchio e imbarcarlo su un aereo? E, volendo ucciderlo, quanto deserto c'è in Egitto? Perché far ritrovare il corpo, buttato a margine di una strada trafficatissima, con segni evidenti di tortura sul corpo? Gli egiziani avevano davvero paura che questo ragazzo facesse scoppiare da solo la rivoluzione nel suk? O volevano solo spaventare i turisti italiani che vanno in vacanza a Sharm-el-Sheik e che portano un fiume di valuta in Egitto?

 

Mia personale ipotesi: e se fosse stato ucciso da servizi segreti si, ma non da quelli egiziani? O perlomeno da qualche elemento dei servizi egiziani non propriamente favorevole ad Al-Sisi, e magari ancora fedele al precedente Governo, che Al-Sisi rovesciò? Al-Sisi potrà mai fare l'ammissione "mah... veramente... devo dire che io non controllo del tutto i miei servizi segreti ed io stesso sono stato giocato da altri...fatemi la domanda di riserva..."

Si, proprio come il ragionier Fantozzi...

 

E se dietro la morte di questo povero ragazzo ci fosse invece la verità assolutamente inconfessabile che i "servizi" in parola fossero quelli di un altro Paese, almeno nominalmente, "amico", se non addirittura "alleato"? C'è gente capace di uccidere per pochi spiccioli, figuriamoci quando in ballo ci sono decine di miliardi di euro, come sono quelli che si stanno giocando adesso tra Italia ed Egitto (gas naturale, fregate, Libia, per citarne solo alcuni). L’uccisione di Gheddafi docet.

Lascio al lettore la formazione della propria opinione personale, ovviamente e non pretendo di certo che la mia “opinione” costituisca la “verità”.

Del resto, “quid est veritas?”

 

E il caso del deficit mostruoso della Saipem, impresa italiana che si occupa degli impianti relativi a gasdotti etc., che ha dichiarato un passivo di 2,4 miliardi di euro che dovranno essere pagati come al solito da Pantalone, può avere in questo caso qualche correlazione?
Anche qui lascio al lettore la risposta.

 

La c.d. “transizione ecologica”

 

A questo punto si aggiunge un’altra grande colpa dell’Unione Europea: la c.d. sciagurata “transizione ecologica”, che ecologica non è, manco pe’ gnente, come direbbe un amico romano.

Argomento che ho più volte trattato nelle pagine di questo blog, quando l’argomento non era così à la page come oggi.

Già da molti anni sostengo infatti che la c.d. “transizione ecologica” altro non è che un modo per sostenere l’industria automobilistica tedesca e, in minor misura, quella statunitense, facendo in modo che l’attuale parco veicoli privato, allo stato attuale principalmente benzina e diesel, venga sostituito con veicoli elettrici.

 

Questo obbiettivo è un assoluto nonsense in base alle conoscenze scientifiche e tecnologiche di oggi, tanto che il Presidente della più grande casa automobilistica mondiale ha espresso, con la saggezza tipica degli orientali, le sue perplessità: “Iniziamo a costruire auto a trazione ibrida” ha affermato il Presidente della Toyota, “vedremo poi cosa ci riserverà la tecnologia e il futuro.”   Il Presidente della Toyota sa infatti che i Principi della Termodinamica, che regolano sin i più minuti aspetti della nostra vita, non fanno sconti.

Ma di certo questo piano, qualora riuscisse, sarebbe una vera “manna dal cielo” dal punto di vista del fatturato delle case automobilistiche, alle prese con la diminuzione in atto da anni nei numeri di produzione, diminuzione dovuta a tutta una serie di ragioni (decremento demografico, invecchiamento della popolazione nei Paesi “ricchi” etc.).

 

Questa c.d. “transizione ecologica” è stata cavalcata principalmente dall’Unione Europea, ed in particolare dalla Germania, che A) ha fatto dagli anni ’70 dell’automotive la sua industria trainante e B) ha, unico in Europa, un forte partito “verde”, tra l’altro attualmente al governo.

 

Per preparare questa sostituzione del parco auto privato si è dovuto naturalmente agitare preliminarmente il “bau-bau” del “cambiamento climatico”, attraverso un battage pubblicitario che ha ben pochi precedenti nella Storia: ma le Case automobilistiche, come chiaramente si può dimostrare (non mi dilungo) possiedono mezzi finanziari praticamente illimitati per imporre la propria visione del mondo, attraverso sapienti campagne mediatiche perfettamente mirate.

 

A poco valgono le opinioni espresse da illustri scienziati, come il Premio Nobel Rubbia o il climatologo Prof. Franco Prodi, fratello del più famoso Romano: come affermava Lenin, “una menzogna ripetuta diecimila volte diventa la verità”.

 

In misura minore si sono messi in mezzo come le mosche cocchiere alcuni finanzieri di pochi scrupoli, i quali hanno fatto credere che tutti i problemi energetici si potessero risolvere con pale eoliche e pannelli fotovoltaici, naturalmente lautamente finanziati da Pantalone, cioè dal contribuente europeo.

 

Questo strombazzamento mediatico per cui “i combustibili fossili sono lo sterco del demonio”, “stop ai combustibili fossili, qui e ora” e così via, frasi che si sono lette sui cartelli di ragazzini ignoranti in vena di marinare la scuola, il che sarebbe il meno, ma che si sono sentite sulla bocca dei massimi Capi dell’Unione Europea, ha naturalmente allarmato i Paesi fornitori e quando, dopo la pandemia, la richiesta di combustibili fossili si è impennata, i Paesi produttori non hanno potuto che fare spallucce alle richieste pressanti del mondo industrializzato: “Ma come? Non avete detto sino a ieri che non avreste più utilizzato i combustibili fossili? E perché mai noi oggi dovremmo aumentare la produzione? Per poi richiudere dopo pochissimo tempo? Vedete di arrangiarvi con le pale eoliche e pannelli solari, come voi stessi avete affermato…”

 

Il risultato di questa lungimirante politica è stato il raddoppio delle bollette, come noi tutti abbiamo potuto constatare.

 

Cercare di ottenere questa c.d. “transizione energetica” nella maniera in cui lo ha fatto l’Unione Europea si è rivelato assolutamente controproducente e, avvertendo naturalmente che si tratta di un paradosso, ci sarebbe da essere grati all’”amico Putin” per avere svelato il bluff.

 

Fortunatamente, già da qualche tempo, non si sente più parlare della ”Gretina” di turno, perché del gas, del petrolio, del nucleare e si, anche del carbone, non se ne potrà fare a meno per i prossimi anni, probabilmente non pochi.

Se l’Europa e, in misura minore, gli Stati Uniti, avessero veramente voluto virare non verso la “transizione ecologica”, ma verso una “Società con consumi energetici ridotti”, le politiche da implementare dovevano essere completamente diverse: perché in Germania non esiste un civilissimo limite di velocità sulle autostrade? Forse perché BMW, Audi, Mercedes etc. preferiscono vendere auto da oltre 200 km/h anziché vendere utilitarie?

L’Italia non ha certamente una classe politica di alto livello ma, rispetto ai politici dell’Unione Europea, alcuni nostri Ministri assumono la statura di un Conte Metternich, il quale sapeva benissimo che in politica ci sono cose che si fanno ma non si possono dire e ci sono cose che si dicono ma che non si possono fare.

Speriamo di ritornare, per il futuro, ad un sano mix opportunamente diversificato per quanto riguarda gli approvvigionamenti energetici europei, e che delle “Gretine” non si senta più parlare.

 

La “globalizzazione”

 

“Qualcuno”, già a partire dai primi anni ’70, aveva pensato al mondo come una gigantesca fabbrica taylorista, dove ad ogni Paese venivano affidati compiti specializzati in base alle sue risorse e alle caratteristiche della sua popolazione: la Cina fabbrica mondiale di beni di consumo a basso prezzo, Germania e Giappone costruttori di automobili, Gran Bretagna polo finanziario ed assicurativo, Russia fornitrice di energia e di produzioni con notevoli necessità energetiche e grandi spazi come prodotti siderurgici e concimi, Italia e Francia produttori di beni di lusso e, last but not least, gli Stati Uniti come sceriffo del mondo. In questo modo, “qualcuno” pensava, “tutto il mondo sarà economicamente interconnesso per cui le guerre diventeranno impossibili”. Gli “apprendisti stregoni” che hanno creato questo modello, le cui capacità si sono rivelate pari a quelle di Topolino nel famoso film di Walt Disney, non hanno però considerato come la specie umana realmente è, ma l’hanno pensata come noi vorremmo che fosse: per cui questo modello, come tutte le pericolosissime utopie che si sono succedute nel ‘900, ha dimostrato tutti i suoi pericolosi limiti. Citando solo due esempi, le tensioni economiche e politiche tra Cina e S.U. e l’attuale guerra in Ucraina dimostrano, come affermato da illustri economisti, che “questa globalizzazione è avvenuta troppo in fretta”. Oltre ad aver evidenziato la non fattibilità teorico-pratica della c.d. “transizione ecologica”, la guerra in Ucraina ha evidenziato tutti i limiti e le incongruenze di un mondo fondato sulla “globalizzazione”.

 

La Russia e l’Ucraina

 

Naturalmente c’è del vero in quanto affermato dall’”amico Putin” circa gli strettissimi legami tra Russia e Ucraina: la Russia infatti è nata… in Ucraina e quindi, casomai, avrebbe dovuto essere l’Ucraina a riannettersi la Russia e non viceversa. Mi si scusi il paradosso…

Da wiki:

“La Rus' di Kiev (in russo: Киевская Русь, traslitterato: Kievskaja Rus'; in ucraino: Київська Русь, traslitterato: Kyїvska Rus') fu un'entità monarchica medievale degli Slavi orientali, sorta verso la fine del IX secolo, in parte del territorio delle odierne Ucraina, Russia occidentale, Bielorussia, Polonia, Lituania, Lettonia ed Estonia orientali. Considerata il più antico Stato organizzato slavo-orientale, del quale Kiev fu a lungo la capitale, nelle fonti medievali viene chiamata Rus' oppure Terra di Rus'; o Rus' di Kiev. “

 

Ma così come i tre secoli della dominazione aragonese prima e spagnola poi, durata in Sardegna dal 1420 (anzi, non ufficialmente dal 1323…) al 1720, non danno all’attuale Regno di Spagna alcun diritto di invadere la Sardegna, cosa che peraltro non credo abbia alcuna intenzione di fare, la stretta interconnessione esistente tra Russia e Ucraina durante i secoli dell’Impero zarista prima e dell’Unione Sovietica poi non danno alla Russia attuale alcun diritto di invadere l’Ucraina.

 

Nel Meridione d’Italia sono presenti ancora fortissimi risentimenti per come venne gestita la creazione dello Stato unitario (in Sardegna poi.. non ne parliamo…), figuriamoci se è possibile per gli ucraini dimenticare quello che fu, assieme alla Shoah, il più terribile genocidio del ‘900.

Il colpo fatale alla relazioni tra russi e ucraini è stato dato dal comunismo: e mentre della Shoah sono noti, fortunatamente, o sfortunatamente purtroppo, tutti i tragici dettagli, dell’immenso sterminio dei contadini ucraini effettuato per fame attraverso una carestia programmata a opera dei bolscevichi russi venuti da Mosca, in Occidente sono note solamente le linee generali, in quanto gli storici, in particolare quelli italiani, imbevuti di gramscismo e con la comoda tessera del Partito Comunista Italiano tra le pieghe del portafogli, hanno sempre evitato di porre in piena luce questi fatti.

 

Con l’intento di sostituire al più presto la proprietà privata con le fattorie collettive, le squadracce bolsceviche venute direttamente da Mosca nei primi anni ’30 giravano per le campagne ucraine requisendo qualsiasi tipo di cibo, sia quello conservato per l’inverno ma anche quello tenuto da parte in previsione delle nuove semine: così, nel giro di pochi anni, milioni di kulaki, i piccoli proprietari terrieri, vennero uccisi, letteralmente per fame.

 

I casi di cannibalismo non furono rari, e il detto “ i comunisti mangiano i bambini…” si è visto che aveva una solida base di realtà: o meglio, i comunisti non mangiavano i bambini ma li mangiavano alcuni sciagurati ucraini impazziti per la fame, ai quali i bolscevichi avevano tolto qualsiasi forma di sostentamento.

Di certo non il miglior modo per farsi amare, da parte dei russi.

Si legga l’opera di quello che è a mio parere il più grande scrittore del ‘900, Vasilij Semënovič Grossman (Berdyčiv, 12 dicembre 1905 – Mosca, 14 settembre 1964). Letture complesse, ma fondamentali.

 

Questi fatti sono rimasti impressi a lettere di fuoco nell’animo degli ucraini, tanto e vero che, nella Seconda guerra mondiale, la Wehrmacht riuscì a costituire, al comando del Generale Andrej Andreevič Vlasov, (Lomakino; Oblast' di Nižnyj Novgorod, 14 settembre 1901, – Mosca, 2 agosto 1946) che fu, tra l’altro, uno dei difensori di Mosca nel 1941, un’Armata di liberazione formata dai prigionieri ucraini. Fortunatamente per il mondo, sfortunatamente per russi e ucraini, la stupidità malvagia di Hitler nel trattare le popolazioni della Russia occupata, popolazioni che dapprima accolsero le truppe germaniche come liberatrici, salvo poi rendersi conto del fatto che i tedeschi riuscivano ad essere persino peggiori dei bolscevichi, fece fallire questo progetto. Gli ucraini si trasformarono quindi in partigiani ed ebbero una fondamentale importanza nel sabotare le linee logistiche germaniche, già distese all’inverosimile: l’operazione “Zitadelle” ovvero la Battaglia di Kursk, una delle ultime grandi operazioni della Wehrmacht durante la Campagna di Russia fallì proprio perché rimandata per mesi, in quanto lo Stato maggiore tedesco non riusciva a far affluire i carri armati di nuovissimo tipo che erano necessari per l’offensiva. Naturalmente, a differenza dalla Resistenza italiana, che dalle agiografie che sono state scritte su di essa sembra abbia vinto da sola la IIa G.M., l’azione dei partigiani ucraini venne totalmente sminuita dalla storiografia ufficiale sovietica, in quanto si trattava di formazioni irregolari che Stalin a malapena tollerava perché troppo “indipendenti”. Tutto il merito della sconfitta dei nazisti andò quindi all’Armata Rossa, e anzi molti valorosi partigiani ucraini, dopo la guerra, fecero una brutta fine. Tragico, ma è così.

 

Ho intervistato in questi giorni la badante di mia mamma, ucraina di una città al confine con la Polonia, dal nome impronunciabile per la presenza sparsa di s, h e z: ”Natasha, questa guerra?” “Faremo come nella Seconda guerra mondiale, i partigiani…” mi ha detto tra una lacrima e l’altra per la preoccupazione per i figli e i nipotini. “Che vengano, noi siamo pronti.” Da come sta resistendo l’esercito ucraino ha probabilmente ragione.

 

I problemi russo-ucraini vennero ulteriormente esacerbati per scelte fatte nel Secondo dopoguerra, in quanto Nikita Sergeevič Chruščëv (Kalinovka, 15 aprile 1894 – Mosca, 11 settembre 1971), segretario generale del Partito Comunista dell'Unione Sovietica dal 1953 al 1964, ucraino, trasferì ampie zone russofone come la Crimea all’Ucraina, allo scopo di farla diventare la più grande e quindi la più influente tra le Repubbliche sovietiche.

Il comunismo sovietico, nel nome dell’internazionalismo, spinse inoltre consistenti gruppi russi a trasferirsi in regioni come il Donbass o le Repubbliche baltiche, creando tutti i nodi che oggi sono venuti al pettine.

 

L’Ucraina, data la sua storia, non può essere considerata una nazione particolarmente omogenea, come ad esempio la Francia, ma è il risultato di tutti i rimescolamenti avvenuti nei secoli ed in particolare nel ‘900: non si dimentichi che ampie zone dell’attuale Ucraina erano, appena un secolo fa, addirittura imperial-regie nazioni dell’Impero Austro-Ungarico. Ciononostante, a parte alcune regioni come la Crimea o il Donbass ( i cui abitanti non sono filorussi ma indipendentisti, si badi bene..) nonostante tutte le differenze (ad esempio, ai confini con la Polonia esiste un forte gruppo di professanti la religione cattolica) gli ucraini mantengono forti sentimenti anti-russi.

 

La perdita del controllo russo sull’Ucraina

 

La perdita del controllo sull’Ucraina ha creato alla Federazione russa innumerevoli problemi, passaggio dei gasdotti a parte, come sopra già descritto.

Innanzitutto la perdita di un territorio particolarmente fertile da punto di vista agricolo: uno dei marchi più famosi di maccheroni napoletani reca in tute le confezioni l’immagine di un bastimento a vela. Questo allude all’attività pregressa dei proprietari che, in origine armatori marittimi impegnati già dalla prima metà del XIX° secolo nel commercio di grano duro che imbarcavano nel porto di Odessa e sbarcavano a Napoli, si trasformarono poi in produttori di paste alimentari.

Come prima si ricordava, la più grande tragedia per l’Ucraina fu la strage dei kulaki, non solo per l’immane ferocia con la quale venne operata e per l’immenso numero di morti, ma che ebbe, per i pianificatori sovietici, conseguenze del tutto impreviste.

Per molti anni ho lavorato fianco a fianco con decine di agronomi e, tra le celie reciproche usuali tra professionisti, quella a cui facevo spesso riferimento consisteva nel fatto che, tra di loro, a parte i pochissimi che avevano a che fare con aziende di famiglia, non c’era nessuno che si occupasse direttamente della coltivazione di terreni e la loro attività agricola si limitasse alla cura dei gerani sui balconi di casa.

“Noi possiamo dare informazioni scientifiche su particolari aspetti tecnici, oppure informare gli agricoltori nostri clienti su cosa e come coltivare per ottenere i contributi dell’Unione Europea…”, la loro invariabile risposta, ”…ma per ottenere un lucro dal terreno non solo devi esserci nato sopra, ma deve esserci nato sopra tuo padre e tuo nonno. Tu, ad esempio, lo sai quante cassette di frutta deve caricare un bracciante su un camion in un giorno, perché non ti ‘freghi’? No? Non esiste nessuna Università che possa insegnartelo.”

 

La scomparsa dei kulaki fece sparire, si può dire da un giorno all’altro, tutte queste conoscenze ( qual è non il periodo, ma il giorno migliore per seminare, e quale quello per mietere?) conoscenze che, si vide benissimo con il fallimento dei kolchoz e dei sovchoz, erano insostituibili: grazie alla reintroduzione della proprietà privata l’Ucraina stava iniziando a ridiventare uno dei granai del mondo e speriamo, per il bene del mondo appunto, che possa continuare, senza la zampa dell’orso russo sulla testa.

 

Il territorio ucraino è inoltre ricco di risorse minerarie, ma non credo che questa sia stata la molla principale dell’attuale aggressione russa, vista la ricchezza di queste risorse in tutto il territorio della Federazione.

 

Una delle maggiori sofferenze che l’Impero zarista prima e l’URRS dopo hanno sofferto, e che le Federazione russa soffre oggi è la totale mancanza di uno sbocco verso mari caldi.

Questo spinse la Russia a mobilitare immediatamente dopo l’attentato di Sarajevo nella speranza di una guerra vittoriosa che la facesse finalmente arrivare al Mediterraneo e, dopo lo scoppio della Ia G.M., spinse gli Alleati a tentare lo sbarco a Gallipoli: l’Impero zarista, che era in grado di mobilitare ancora milioni di uomini, non aveva però i mezzi industriali per armarli e rifornirli. La sconfitta di Gallipoli costò per vent’anni la carriera politica di Winston Churchill, tra l’altro.

Il medesimo motivo spinse l’Unione Sovietica al disastroso tentativo di invadere l’Afghanistan.

La perdita del porto di Odessa costituisce per la Federazione Russa una autentica iattura ed  è, come i tragici fatti di questi giorni dimostrano, disposta a tutto pur di riprenderselo.

Anzi, visto che le navi russe devono in ogni caso passare per i Dardanelli, mi permetterei umilmente di suggerire al Presidente della Turchia Erdogan di evitare amicizie troppo strette, perché l’appetito vien mangiando.

 

Gli argomenti militari

 

Passando ad argomenti più strettamente militari, il solo pensiero dell’adesione dell’Ucraina alla Nato ( non parliamo della tremenda gaffe della Von der Leyden circa l’adesione dell’Ucraina all’Unione Europea: probabilmente questa gaffe non l’avrebbe commessa neppure la più sprovveduta delle “casalinghe di Voghera” e questo ci dà la misura della competenza politica di chi ci governa in Europa…) è tale da far tremare qualsiasi generale russo. Dopo le esperienze di Napoleone e di Hitler non credo ci possa essere nessun generale comandante di un esercito occidentale così insano di mente da pensare di poter invadere il territorio russo, ma evidentemente i generali russi non la pensano nello stesso modo.

In ogni caso i governanti ucraini, ben conoscendo la suscettibilità dell’incomodo vicino, bene avrebbe fatto ad essere più prudenti, secondo il mio modestissimo parere: vedi i governanti finlandesi, che con le isterie dell’orso russo convivono da secoli. Certo, non bello per un paese sovrano, ma purtroppo esiste una cosa che si chiama Realpolitik, termine guarda caso usato per la prima volta dal cancelliere tedesco Otto  von Bismarck (Schönhausen, 1º aprile 1815 – Friedrichsruh, 30 luglio 1898).

 

Un modello di democrazia intollerabile per la dirigenza russa attuale

 

Ma, ancora più di questo aspetto, per l’”amico Putin” assai meno tollerabile è l’avere, proprio sulla porta di casa, un modello di democrazia efficiente in uno Stato ex-USSR, orientato verso un modello di sviluppo di tipo occidentale, il quale potrà avere tutti i suoi enormi difetti ma resta pur sempre migliore di quello russo attuale, o Dio ce ne scampi, sovietico.

In qualsiasi dittatura, e quella putiniana che con questa aggressione ha definitivamente gettato la maschera e si è rivelata per quello che è, risulta molto difficile che l’economia funzioni bene, dal franchismo al “buco Mussolini”, come pare mio nonno sprezzantemente chiamasse l’ulteriore buco nella cinghia dei pantaloni praticato per sopperire alla mancanza di generi alimentari; oppure si consideri, più modernamente, il Venezuela o la Libia di Gheddafi.

Non si creda che la Cina ne sia esente: questo articolo di uno stimatissimo economista, pubblicato in tempi non sospetti, chiaramente spiega i pericoli e le contraddizioni del sistema cinese:

 

https://mondoeconomico.eu/archivio/agenda-liberale/la-cina-e-una-tigre-di-carta

 

Le dittature hanno sempre comprato il consenso delle popolazioni con panem et circenses, che nel caso della Federazione Russa odierna vengono pagati con i proventi del gas, ed è naturale che quando né panem circenses possono essere pagati perché non ci sono soldi subentra allora la polizia politica, come la repressione dei dissidenti in Russia sta ampiamente dimostrando.

 

E gli S.U.?

 

Ma l’aspetto più paradossale della crisi ucraina sta nel fatto di come con questa sciagurata azione l’”amico Putin” sia riuscito a far fare bella figura all’intelligence statunitense, sia riuscito a rifocalizzare gli Stati Uniti sull’Europa, ad enfatizzare l’importanza del suo deterrente atomico e così via.

Come ho detto più sopra per quanto riguarda la dipendenza europea dal gas russo gli americani sono stati espliciti ed estremamente chiari, sin dall’inizio, e questo va ascritto a loro merito.

Inoltre l’intelligence statunitense ha previsto tutto sin nei dettagli, e probabilmente sa molto più di quanto voglia farci sapere. Che abbia a disposizione qualcosa si simile a quello che, a metà degli anni ’50, fu l’aereo spia U-2? Non mi stupirei.

Naturalmente tutta la mia gioventù si è svolta all’insegna del mito americano, ed anche i miei coetanei che nel ’68 salutavano con il pugno chiuso, ostentavano barbe alla Fidel Castro, indossavano l’eskimo e si muovevano solo sulla 2CV, nelle “feste” non avevano nulla in contrario a strofinarsi con le ragazze al ritmo delle canzoni dei Beach Boys. Purtroppo, nei tempi attuali, gli Stati Uniti della “cancel culture”, delle “teorie gender” e varie altre cose che non sto qui a spiegare avevano accentuato il mio reflusso gastro-esofageo e mi avevano indotto a pensare che, forse, il “mito americano” avesse fatto il suo tempo.

L’aggressione sovietica, terribile non solo per i suoi effetti, ma anche per la rozzezza nel modo in cui è stata condotta, mi fa pensare che non potremo fare a meno dello Zio Sam ancora per molto tempo, ci piaccia o no.

 

Finale

 

“Con l'Etiopia abbiamo pazientato quaranta anni! Ora basta!”

Sostituire “Etiopia” con “Ucraina” e la frase è sostanzialmente quanto si è sentito dal Cremlino nei giorni scorsi. Abbiamo quindi l’idea di quello che sta succedendo adesso. Per quanto possa meritarsela, non auguro a chi sta aggredendo l’Ucraina oggi la medesima fine di chi pronunciò quella improvvida frase.

 

Nota *     Si ricordi la telefonata (in tempi successivi, febbraio 2014) di Victoria Jane Nuland, (1º luglio 1961) Assistant Secretary of State for European and Eurasian Affairs presso il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti d'America  sotto la presidenza di Barack Obama, incaricata della cura dei rapporti diplomatici con Europa ed Eurasia, con l'ambasciatore statunitense in Ucraina, probabilmente esasperata dai bizantinismi europei, che gli americani non sono in grado, o non vogliono, comprendere.

 

P.S. Il conflitto in Ucraina come la Prima Guerra del Golfo?

Pochi mesi dopo la conclusione della Ia guerra del Golfo e la liberazione del Kuwait, assistevo ad una trasmissione televisiva: dato il numero degli anni passati e l’età mi scuso, ma non ricordo né il nome della trasmissione né del giornalista che la conduceva e non potrò quindi essere estremamente preciso circa le testuali parole utilizzate, ma ricordo benissimo il senso dell’intervista.

Il giornalista intervistava un alto ufficiale dell’Esercito irakeno o, molto più probabilmente, dei Servizi segreti.

Il giornalista:

“Colonnello, io della sua identità sono certo, perché fu proprio Lei, quando ottenni una intervista da parte di Saddam Hussein, ad eseguire su di me l’ultima perquisizione prima di essere ammesso alla sua presenza.
Per cui della sua appartenenza al più stretto entourage di Saddam Hussein sono certo, anche se adesso Lei sembra essersi dissociato dal quel regime. Ci dica, quali sono state le ragioni che hanno spinto l’Esercito irakeno ad invadere il Kuwait?”

Il Colonnello, dopo qualche minuto di circonlocuzioni varie:

“…. e poi, noi avevamo consultato un altissimo funzionario della Segreteria di Stato (mi scuso, non ricordo il nome, che pure il Colonnello fece: credo di ricordare un Ambasciatore) che ci diede ogni rassicurazione sul fatto che gli Stati Uniti avrebbero considerato la riunificazione del Kuwait all’Iraq come una faccenda interna a due Stati arabi, e che non sarebbero in alcun modo intervenuti.”

Seeeee….

Ricordo che al momento dell’intervista Saddam Hussein era, per quanto acciaccato, ancora in sella, e fu solo dopo la Seconda Guerra del Golfo che fu definitivamente eliminato.

Mi sembrerebbe ovvio il pensare che il Colonnello non si era dissociato per niente dal regime di Saddam , ma veniva mandato in giro dal Dittatore, fidando nel fatto che il Colonnello era perfettamente conosciuto dai giornalisti occidentali, per tentare di spiegare come fossero realmente andate le cose e soprattutto mostrare quanto fossero perfidi gli americani.

Non solo i dittatori sono sempre aggressivi e beceri, ma spessissimo anche  "fresconi".

Che con l’aggressione russa all’Ucraina le cose siano andate in maniera simile?

Lo sapremo tra cinquant’anni….

 

 

3 commenti:

  1. https://www.lautomobile.aci.it/articoli/2020/01/28/tesla-in-germania-10-cose-da-sapere.html

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  2. TESLA, MAXI-POLO DA 5 MILIARDI IN GERMANIA
    Sandra Riccio per “la Stampa”
    Sempre più vicino il momento del via per la gigafactory di Tesla in Germania. Il colosso americano di auto elettriche, che è leader mondiale del settore e che è guidato dal guru della tecnologia Elon Musk, ha ottenuto l'ok ufficiale, ma condizionato, al suo impianto di Grünheide (vicino a Berlino nel Land Brandeburgo). La nuova fabbrica da 5 miliardi di euro farà concorrenza stretta alle case automobilistiche tedesche e in particolare al leader europeo delle e-auto, Volkswagen.
    .....

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  3. ELON MUSK
    ELON MUSK

    UCRAINA: ELON MUSK, AUMENTARE SUBITO PRODUZIONE PETROLIO E GAS

    (ANSA) - "Odio doverlo dire ma dobbiamo aumentare la produzione di petrolio e gas immediatamente. Tempi straordinari richiedono misure straordinarie". Lo twitta Elon Musk, il numero uno del gigante delle auto elettriche Tesla. "Ovviamente questo avrebbe un impatto negativo su Tesla, ma soluzioni di energia sostenibile non possono reagire istantaneamente per compensare le esportazioni di petrolio e gas russo", aggiunge Musk. Le parole di Musk arrivano mentre è acceso il dibattito in corso negli Stati Uniti per il blocco delle importazioni di petrolio russo, con il Congresso in pressing su Joe Biden e la Casa Bianca che finora ha resistito.

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