domenica 6 marzo 2022

Pochezza politica




Da due anni mia madre novantaduenne ha una badante ucraina e naturalmente non ho perso l’occasione per intervistarla più volte.

L’odio verso il regime sovietico traspare da ogni sua parola.
“Il nonno di mio marito scomparve nel ’37. In piena notte vennero a prelevarlo e nessuno seppe più niente di lui.”
“Mio nonno era un bravissimo agricoltore. Piantò, nei pochi metri di giardino che erano concessi, alcuni alberi da frutta e, per evitare di superare il numero massimo concesso, sullo stesso albero innestò contemporaneamente pere e mele, che davano frutti abbondantissimi e buonissimi.
Ma le autorità sovietiche misero una tassa fortissima sugli alberi da frutta di proprietà “privata”, e mio nonno fu costretto ad abbatterli. Aveva le lacrime agli occhi mentre lo faceva.”

“Io sono credente (è di religione cattolica, di una città ai confini con la Polonia) e feci battezzare i miei figli, nati negli anni ’80 prima della caduta del muro, perché i figli non sono bestie. Dovetti farlo in tutta segretezza, perché io allora facevo la maestra d’asilo e, se si fosse saputo in giro, avrei immediatamente perso il lavoro.”
Bisognerebbe far sentire queste parole a chi dice “né con la Russia né con la Nato!”

Per cui fui sorpreso una volta che la sentii parlare in russo (e non in ucraino) con una sua collega e connazionale e, incuriosito chiesi perché lo facessero.

“Noi tutti siamo stati abituati a parlare il russo, perché parlare l’ucraino era proibito sotto il regime sovietico…” la risposta, “... inoltre il russo è molto più semplice da parlare, perché la grammatica è molto meno complicata. Alla televisione oggi si parla solo l’ucraino classico, e certe volte è difficile persino per noi capire certe frasi.”
La ragione delle “incomprensioni” tra russi e ucraini non sta quindi nella lingua che parlano, ma ha radici ben più profonde.
Il fatto che la “politica” fosse tanto citata quanto poco praticata durante il regime sovietico ha portato a disastri inenarrabili.

 

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