Qualche anno fa, due o tre, uscivo al suono della
campanella dalla Sala Docenti per avviarmi verso l’aula dove, come da quasi
quarant’anni facevo, avrei vessato i miei alunni.
Nel passare, vidi che un operaio, una quarantina d’anni, stava montando una
nuova porta tagliafuoco nei pressi delle scale.
L’operaio si alza in piedi e mi fissa.
“Buongiorno Professore, si ricorda di me?”
“Mah, veramente...”
“Istituto Tecnico Tal dei tali, 1997.”
“Mi scusi, è passato tanto tempo... Gli alunni riconoscono i professori, ma non è vero il viceversa.”
“Eppure io
ebbi anche uno scontro con Lei, non si ricorda?”
“Eh, no, veramente no. Evidentemente non era una cosa molto seria.”
“Lei mi disse una frase, su cui ho riflettuto molto quando, dopo aver abbandonato la scuola, ho iniziato a lavorare.”
“Ah, quale?”
“L’educazione viene prima di tutto. Mi sono reso conto, quando ho iniziato a lavorare, di quanto Lei avesse ragione.”
“Mi farebbe
piacere che Lei dicesse questo ai miei alunni.”
“No, Professore, meglio di no. Mi sono reso conto solo dopo di cosa ci vuole
per stare dietro la cattedra.”
“Grazie per avermelo detto, comunque. Buon lavoro.”
“Buon lavoro a Lei, Professore.”
Ecco, se la Pedagogia oggi imperante si rendesse conto che “l’educazione viene prima di tutto”, cone l’operaio mio ex-alunno ha avuto modo di rendersi conto, con ogni probabilità l’”abbandono scolastico”, soprattutto nel Sud, verrebbe pressoché azzerato.
Immagine tratta dalla Rete.
Queste son le legittime soddisfazioni calpurniesche -mi si passi il termine- che nessuno potrà mai togliere a un bravo Professore.
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