Per non parlare di quello che sta accadendo in questi giorni.
Purtroppo se, oltre a farci studiare la Storia del Risorgimento in base a “grida di dolore” e “Spigolatrice di Sapri” ci avessero anche fatto studiare le vere ragioni dell’Unità d’Italia, che si capiscono solo molto dopo la conclusione degli studi, in base all’esperienza della vita, certe cose sarebbero del tutto chiare.
Parlavo giorni fa al telefono con mio figlio, Erasmus nei
primi anni ‘2000 nella prestigiosa Karl Marx Universität Potsdam:
“Papà, da quando ero all’asilo mi facevano due palle così con questa
storia dell’Europa Unita. Per non parlare di quello che successe alla Scuola Media:
evitarono con ogni cura di parlare di Risorgimento e di Prima Guerra mondiale e,
della Seconda Suerra Mondiale, se ne parlava solo per esaltare i “valori della
Resistenza”. In Terza Media ho avuto una Professoressa che non aveva voglia di
fare nulla, e l’unico lavoro che feci quell’anno fu quello di appiccicare su un
quaderno articoli di giornale riguardanti la “Shoah”. Non avevo capito però da
chi venissero ammazzati questi Ebrei, perché di questo non si parlava, avevo
anche il dubbio che si fossero ammazzati da soli. Sono poi andato a fare l’Erasmus
in Germania e certe cose si sono immeditamente chiarite: mi sono immediatamente
reso conto che l’Unità Europea poteva essere definita nello stesso modo con cui
Fantozzi definì il famoso film di Eisenstein.” (In realtà mio figlio mon disse
così,la citazione del film fu precisa).
I problemi di oggi con l’Unione Europea sono esattamente gli stessi di
due secoli fa, non è stata spostata una virgola: nella prima metà del XIX°
secolo la borghesia lombarda e piemontese aveva accumulato grandi capitali grazie
all’attività agricola di ricche cascine in Brianza o nel Vercellese e li voleva
investire nella nascente industria ferroviaria e nel suo indotto, cosa che l’Imperial-Regio
Governo a tutti i costi impediva, perché intendeva a tutti i costi favorire le
industrie siderurgiche della Carinzia.
Allo stesso modo la Gran Bretagna, che dalla battaglia di
Crecy, vale a dire dal 1346, si opponeva, così come continua ad opporsi, alla
creazione sul continente europeo di una potenza egemone, stanca delle continue
guerre con la Francia, aveva bisogno di una “media Potenza” alleata che
minacciasse la Francia dal sud. Inoltre sapeva che il Regno Sabaudo non aveva
mire espansionistiche nel Mediterraneo in quanto, per la mancanza di materie
prime, ferro e carbone, non aveva la possibilità di creare una forte Marina, non
solo, ma si poteva in questo modo sbarazzare della Marina Borbonica, che
iniziava a dare qualche fastidio, come le scaramucce connesse all’apparizione
dell’Isola Ferdinandea dimostrarono.
Se l’Inghilterra non avesse voluto il “Piemonte” e il “Lombardo”
sarebbero stati trasformati in schiumarole, e i Garibaldini, in Sicilia, ci
sarebbero arrivati a nuoto.
Infatti, quando Napoleone III° si rese conto di esser stato
giocato da Cavour fece precipitosamente marcia indietro e si oppose
poi ferocemente all’Unità d’Italia.
Ah! questa Contessa di Castiglione! Doveva avere delle doti
veramente straordinarie…. ma la Storia è piena di Regnanti e Politici che
perdono la testa di fronte agli afrori di ferormoni femminili.. gli ultimi in
Italia solo pochissimi anni fa...
La storia non non è cambiata di una virgola. La Germania ha
grossi problemi con le sue banche: la Deutsche Bank, che ha in pancia centinaia
di miliardi di euro di derivati inesigibili, pare non abbia onorato alla
scadenza, pochi mesi fa, un prestito obbligazionario di un miliardo di euro, spiccioli
per il suo bilancio; inoltre con la scusa che la R.F.T. è , appunto, una Repubblica
Federale, non fa apparire nel bilancio dello Stato Tedesco i debiti dei Lander,
e li fa sparire sotto il tappeto di un Istituto di credito di diritto privato. Se venissero posti a bilancio i debiti dei Lander il bilancio dello Stato Tedesco apparirebbe assai meno virtuoso.
Come se l’Italia non iscrivesse a bilancio i debiti della
Regione Siciliana... vuoi vincere facile?
Per non parlare di quanto la Germania risenta della
concorrenza dell’industria italiana e di quanto ambirebbe a mettere le mani sul
risparmio privato degli Italiani che, come si sa, è rilevantissimo.
Ai miei tempi la conoscenza delle cose studiate a scuola doveva
essere “puntuale”: delle poesie era “obbligatorio” non solo il saper interpretarle
e commentarle, ma era anche se non obbigatorio, “altamente consigliabile” studiarle
innanzitutto a memoria.
Per cui ricordo ancora questa, che la mia Professoressa di
Lettere di Terza Media che, nata a Trento già suddita austro-ungarica, nipote
di Cesare Battisti (l’Eroe ovviamente, non il criminale assassino sponsorizzato dalla ex-première
dame…), sposata con un militare siciliano ( bell’esempio di Unità d’Italia) ci
fece studiare:
Vostra Eccellenza che
mi sta in cagnesco
Per que’ pochi scherzucci di dozzina,
E mi gabella per anti-tedesco
Perchè metto le birbe alla berlina,
O senta il caso avvenuto di fresco,
A me che girellando una mattina,
Capito in Sant’Ambrogio di Milano,
In quello vecchio, là, fuori di mano.
M’era compagno il
figlio giovinetto
D’un di que’ capi un po’ pericolosi,
Di quel tal Sandro, autor d’un Romanzetto
Ove si tratta di Promessi Sposi......
Che fa il nesci, Eccellenza? o non l’ha
letto?
Ah, intendo: il suo cervel, Dio lo riposi,
In tutt’altre faccende affaccendato,
A questa roba è morto e sotterrato.
Entro, e ti trovo un
pieno di soldati,
Di que’ soldati settentrïonali,
Come sarebbe Boemi e Croati,
Messi qui nella vigna a far da pali:
Difatto se ne stavano impalati,
Come sogliono in faccia a’ Generali,
Co’ baffi di capecchio e con que’ musi,
Davanti a Dio diritti come fusi.
Mi tenni indietro; chè
piovuto in mezzo
Di quella maramaglia, io non lo nego
D’aver provato un senso di ribrezzo
Che lei non prova in grazia dell’impiego.
Sentiva un’afa, un alito di lezzo;
Scusi, Eccellenza, mi parean di sego,
In quella bella casa del Signore,
Fin le candele dell’altar maggiore.
Ma in quella che
s’appresta il Sacerdote
A consacrar la mistica vivanda,
Di subita dolcezza mi percuote
Su, di verso l’altare, un suon di banda.
Dalle trombe di guerra uscian le note
Come di voce che si raccomanda,
D’una gente che gema in duri stenti
E de’ perduti beni si rammenti.
Era un coro del Verdi;
il coro a Dio
Là de’ Lombardi miseri assetati;
Quello: O Signore, dal tetto natio,
Che tanti petti ha scossi e inebriati.
Qui cominciai a non esser più io;
E come se que’ côsi doventati
Fossero gente della nostra gente,
Entrai nel branco involontariamente.
Che vuol ella,
Eccellenza, il pezzo è bello,
Poi nostro, e poi suonato come va;
E coll’arte di mezzo, e col cervello
Dato all’arte, l’ubbíe si buttan là.
Ma cessato che fu, dentro, bel bello
Io ritornava a star, come la sa;
Quand’eccoti, per farmi un altro tiro,
Da quelle bocche che parean di ghiro,
Un cantico tedesco
lento lento
Per l’äer sacro a Dio mosse le penne:
Era preghiera, e mi parea lamento,
D’un suono grave, flebile, solenne,
Tal, che sempre nell’anima lo sento:
E mi stupisco che in quelle cotenne,
In que’ fantocci esotici di legno,
Potesse l’armonia fino a quel segno.
Sentía nell’inno la
dolcezza amara
De’ canti uditi da fanciullo: il core
Che da voce domestica gl’impara,
Ce li ripete i giorni del dolore:
Un pensier mesto della madre cara,
Un desiderio di pace e d’amore,
Uno sgomento di lontano esilio,
Che mi faceva andare in visibilio.
E quando tacque, mi
lasciò pensoso
Di pensieri più forti e più soavi.
Costor, dicea tra me, Re pauroso
Degl’italici moti e degli slavi,
Strappa a’ lor tetti, e qua senza riposo
Schiavi gli spinge per tenerci schiavi;
Gli spinge di Croazia e di Boemme,
Come mandre a svernar nelle Maremme.
A dura vita, a dura
disciplina,
Muti, derisi, solitari stanno,
Strumenti ciechi d’occhiuta rapina
Che lor non tocca e che forse non sanno:
E quest’odio che mai non avvicina
Il popolo lombardo all’alemanno,
Giova a chi regna dividendo, e teme
Popoli avversi affratellati insieme.
Povera gente! lontana
da’ suoi,
In un paese qui che le vuol male,
Chi sa che in fondo all’anima po’ poi
Non mandi a quel paese il principale!
Gioco che l’hanno in tasca come noi. —
Qui, se non fuggo, abbraccio un Caporale,
Colla su’ brava mazza di nocciuolo,
Duro e piantato lì come un piolo.
Giuseppe Giusti.
SANT’AMBROGIO
Versi editi ed inediti - Firenze, Felice Le Monnier, 1852.
E, se questa “Europa”, la lasciassimo perdere, una volta per
tutte?
Da Ovidio, Le
Metamorfosi, II, vv. 846-875 :
non bene conveniunt
nec in una sede morantur
maiestas et amor;
sceptri gravitate relicta
ille pater rectorque
deum, cui dextra trisulcis
ignibus armata est,
qui nutu concutit orbem,
induitur faciem tauri
mixtusque iuvencis
mugit et in teneris
formosus obambulat herbis.
quippe color nivis
est, quam nec vestigia duri
calcavere pedis nec
solvit aquaticus auster.
colla toris exstant,
armis palearia pendent,
cornua vara quidem,
sed quae contendere possis
facta manu, puraque
magis perlucida gemma.
nullae in fronte
minae, nec formidabile lumen:
pacem vultus habet.
miratur Agenore nata,
quod tam formosus,
quod proelia nulla minetur;
sed quamvis mitem
metuit contingere primo,
mox adit et flores ad
candida porrigit ora.
gaudet amans et, dum
veniat sperata voluptas,
oscula dat manibus;
vix iam, vix cetera differt;
et nunc adludit
viridique exsultat in herba,
nunc latus in fulvis
niveum deponit harenis;
paulatimque metu
dempto modo pectora praebet
virginea plaudenda
manu, modo cornua sertis
inpedienda novis; ausa
est quoque regia virgo
nescia, quem premeret,
tergo considere tauri,
cum deus a terra
siccoque a litore sensim
falsa pedum primis
vestigia ponit in undis;
inde abit ulterius
mediique per aequora ponti
fert praedam: pavet
haec litusque ablata relictum
respicit et dextra
cornum tenet, altera dorso
inposita est; tremulae
sinuantur flamine vestes.
Europa appare di costumi che una volta venivano definiti “facili”
e Giove del tutto simile a qualcuno che, nel recentissimo passato, organizzava “cene
eleganti”.
Non ci fanno una una gran bella figura né l’uno, né l’altra.
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