mercoledì 8 aprile 2020

Vostra Eccellenza che mi sta in cagnesco…

Purtroppo, quando l’”espressione geografica” Italia si accosta troppo ai Paesi di lingua tedesca o, per meglio dire, quando i Paesi di lingua tedesca si accostano troppo all’Italia, per l’Italia sono dolori, come i fatti che accadono ormai da secoli, il più grave tra quelli recenti accaduto non più di ottant’anni fa, e di cui i nostri vecchi, come mia Madre, ancora hanno ricordo,  ampiamente dimostrano.
Per non parlare di quello che sta accadendo in questi giorni.

Purtroppo se, oltre a farci studiare la Storia del Risorgimento in base a “grida di dolore” e “Spigolatrice di Sapri” ci avessero anche fatto studiare le vere ragioni dell’Unità d’Italia, che si capiscono solo molto dopo la conclusione degli studi, in base all’esperienza della vita, certe cose sarebbero del tutto chiare.

Parlavo giorni fa al telefono con mio figlio, Erasmus nei primi anni ‘2000 nella prestigiosa Karl Marx  Universität Potsdam:
“Papà, da quando ero all’asilo mi facevano due palle così con questa storia dell’Europa Unita. Per non parlare di quello che successe alla Scuola Media: evitarono con ogni cura di parlare di Risorgimento e di Prima Guerra mondiale e, della Seconda Suerra Mondiale, se ne parlava solo per esaltare i “valori della Resistenza”. In Terza Media ho avuto una Professoressa che non aveva voglia di fare nulla, e l’unico lavoro che feci quell’anno fu quello di appiccicare su un quaderno articoli di giornale riguardanti la “Shoah”. Non avevo capito però da chi venissero ammazzati questi Ebrei, perché di questo non si parlava, avevo anche il dubbio che si fossero ammazzati da soli. Sono poi andato a fare l’Erasmus in Germania e certe cose si sono immeditamente chiarite: mi sono immediatamente reso conto che l’Unità Europea poteva essere definita nello stesso modo con cui Fantozzi definì il famoso film di Eisenstein.” (In realtà mio figlio mon disse così,la citazione del film fu precisa).

I problemi di oggi con l’Unione Europea sono esattamente gli stessi di due secoli fa, non è stata spostata una virgola: nella prima metà del XIX° secolo la borghesia lombarda e piemontese aveva accumulato grandi capitali grazie all’attività agricola di ricche cascine in Brianza o nel Vercellese e li voleva investire nella nascente industria ferroviaria e nel suo indotto, cosa che l’Imperial-Regio Governo a tutti i costi impediva, perché intendeva a tutti i costi favorire le industrie siderurgiche della Carinzia.

Allo stesso modo la Gran Bretagna, che dalla battaglia di Crecy, vale a dire dal 1346, si opponeva, così come continua ad opporsi, alla creazione sul continente europeo di una potenza egemone, stanca delle continue guerre con la Francia, aveva bisogno di una “media Potenza” alleata che minacciasse la Francia dal sud. Inoltre sapeva che il Regno Sabaudo non aveva mire espansionistiche nel Mediterraneo in quanto, per la mancanza di materie prime, ferro e carbone, non aveva la possibilità di creare una forte Marina, non solo, ma si poteva in questo modo sbarazzare della Marina Borbonica, che iniziava a dare qualche fastidio, come le scaramucce connesse all’apparizione dell’Isola Ferdinandea dimostrarono.
Se l’Inghilterra non avesse voluto il “Piemonte” e il “Lombardo” sarebbero stati trasformati in schiumarole, e i Garibaldini, in Sicilia, ci sarebbero arrivati a nuoto.

Infatti, quando Napoleone III° si rese conto di esser stato giocato da Cavour fece precipitosamente marcia indietro e si oppose poi ferocemente all’Unità d’Italia.
Ah! questa Contessa di Castiglione! Doveva avere delle doti veramente straordinarie…. ma la Storia è piena di Regnanti e Politici che perdono la testa di fronte agli afrori di ferormoni femminili.. gli ultimi in Italia solo pochissimi anni fa...

La storia non non è cambiata di una virgola. La Germania ha grossi problemi con le sue banche: la Deutsche Bank, che ha in pancia centinaia di miliardi di euro di derivati inesigibili, pare non abbia onorato alla scadenza, pochi mesi fa, un prestito obbligazionario di un miliardo di euro, spiccioli per il suo bilancio; inoltre con la scusa che la R.F.T. è , appunto, una Repubblica Federale, non fa apparire nel bilancio dello Stato Tedesco i debiti dei Lander, e li fa sparire sotto il tappeto di un Istituto di credito di diritto privato. Se venissero posti a bilancio i debiti dei Lander il bilancio dello Stato Tedesco apparirebbe assai meno virtuoso.
Come se l’Italia non iscrivesse a bilancio i debiti della Regione Siciliana... vuoi vincere facile?

Per non parlare di quanto la Germania risenta della concorrenza dell’industria italiana e di quanto ambirebbe a mettere le mani sul risparmio privato degli Italiani che, come si sa, è rilevantissimo.

Ai miei tempi la conoscenza delle cose studiate a scuola doveva essere “puntuale”: delle poesie era “obbligatorio” non solo il saper interpretarle e commentarle, ma era anche se non obbigatorio, “altamente consigliabile” studiarle innanzitutto a memoria.
Per cui ricordo ancora questa, che la mia Professoressa di Lettere di Terza Media che, nata a Trento già suddita austro-ungarica, nipote di Cesare Battisti (l’Eroe ovviamente, non il criminale assassino sponsorizzato dalla ex-première dame…), sposata con un militare siciliano ( bell’esempio di Unità d’Italia) ci fece studiare:

Vostra Eccellenza che mi sta in cagnesco
    Per que’ pochi scherzucci di dozzina,
    E mi gabella per anti-tedesco
    Perchè metto le birbe alla berlina,
    O senta il caso avvenuto di fresco,
    A me che girellando una mattina,
    Capito in Sant’Ambrogio di Milano,
    In quello vecchio, là, fuori di mano.

M’era compagno il figlio giovinetto
    D’un di que’ capi un po’ pericolosi,
    Di quel tal Sandro, autor d’un Romanzetto
    Ove si tratta di Promessi Sposi......
    Che fa il nesci, Eccellenza? o non l’ha letto?
    Ah, intendo: il suo cervel, Dio lo riposi,
    In tutt’altre faccende affaccendato,
    A questa roba è morto e sotterrato.

Entro, e ti trovo un pieno di soldati,
    Di que’ soldati settentrïonali,
    Come sarebbe Boemi e Croati,
    Messi qui nella vigna a far da pali:
    Difatto se ne stavano impalati,
    Come sogliono in faccia a’ Generali,
    Co’ baffi di capecchio e con que’ musi,
    Davanti a Dio diritti come fusi.


Mi tenni indietro; chè piovuto in mezzo
    Di quella maramaglia, io non lo nego
    D’aver provato un senso di ribrezzo
    Che lei non prova in grazia dell’impiego.
    Sentiva un’afa, un alito di lezzo;
    Scusi, Eccellenza, mi parean di sego,
    In quella bella casa del Signore,
    Fin le candele dell’altar maggiore.

Ma in quella che s’appresta il Sacerdote
    A consacrar la mistica vivanda,
    Di subita dolcezza mi percuote
    Su, di verso l’altare, un suon di banda.
    Dalle trombe di guerra uscian le note
    Come di voce che si raccomanda,
    D’una gente che gema in duri stenti
    E de’ perduti beni si rammenti.

Era un coro del Verdi; il coro a Dio
    Là de’ Lombardi miseri assetati;
    Quello: O Signore, dal tetto natio,
    Che tanti petti ha scossi e inebriati.
    Qui cominciai a non esser più io;
    E come se que’ côsi doventati
    Fossero gente della nostra gente,
    Entrai nel branco involontariamente.

Che vuol ella, Eccellenza, il pezzo è bello,
    Poi nostro, e poi suonato come va;
    E coll’arte di mezzo, e col cervello
    Dato all’arte, l’ubbíe si buttan là.
    Ma cessato che fu, dentro, bel bello
    Io ritornava a star, come la sa;
    Quand’eccoti, per farmi un altro tiro,
    Da quelle bocche che parean di ghiro,


Un cantico tedesco lento lento
    Per l’äer sacro a Dio mosse le penne:
    Era preghiera, e mi parea lamento,
    D’un suono grave, flebile, solenne,
    Tal, che sempre nell’anima lo sento:
    E mi stupisco che in quelle cotenne,
    In que’ fantocci esotici di legno,
    Potesse l’armonia fino a quel segno.

Sentía nell’inno la dolcezza amara
    De’ canti uditi da fanciullo: il core
    Che da voce domestica gl’impara,
    Ce li ripete i giorni del dolore:
    Un pensier mesto della madre cara,
    Un desiderio di pace e d’amore,
    Uno sgomento di lontano esilio,
    Che mi faceva andare in visibilio.

E quando tacque, mi lasciò pensoso
    Di pensieri più forti e più soavi.
    Costor, dicea tra me, Re pauroso
    Degl’italici moti e degli slavi,
    Strappa a’ lor tetti, e qua senza riposo
    Schiavi gli spinge per tenerci schiavi;
    Gli spinge di Croazia e di Boemme,
    Come mandre a svernar nelle Maremme.

A dura vita, a dura disciplina,
    Muti, derisi, solitari stanno,
    Strumenti ciechi d’occhiuta rapina
    Che lor non tocca e che forse non sanno:
    E quest’odio che mai non avvicina
    Il popolo lombardo all’alemanno,
    Giova a chi regna dividendo, e teme
    Popoli avversi affratellati insieme.


Povera gente! lontana da’ suoi,
    In un paese qui che le vuol male,
    Chi sa che in fondo all’anima po’ poi
    Non mandi a quel paese il principale!
    Gioco che l’hanno in tasca come noi. —
    Qui, se non fuggo, abbraccio un Caporale,
    Colla su’ brava mazza di nocciuolo,
    Duro e piantato lì come un piolo.
Giuseppe Giusti.
SANT’AMBROGIO
Versi editi ed inediti - Firenze, Felice Le Monnier, 1852.

E, se questa “Europa”, la lasciassimo perdere, una volta per tutte?

Da Ovidio, Le Metamorfosi, II, vv. 846-875 :

non bene conveniunt nec in una sede morantur
maiestas et amor; sceptri gravitate relicta
ille pater rectorque deum, cui dextra trisulcis
ignibus armata est, qui nutu concutit orbem,
induitur faciem tauri mixtusque iuvencis             
mugit et in teneris formosus obambulat herbis.
quippe color nivis est, quam nec vestigia duri
calcavere pedis nec solvit aquaticus auster.
colla toris exstant, armis palearia pendent,
cornua vara quidem, sed quae contendere possis             
facta manu, puraque magis perlucida gemma.
nullae in fronte minae, nec formidabile lumen:
pacem vultus habet. miratur Agenore nata,
quod tam formosus, quod proelia nulla minetur;
sed quamvis mitem metuit contingere primo,             
mox adit et flores ad candida porrigit ora.
gaudet amans et, dum veniat sperata voluptas,
oscula dat manibus; vix iam, vix cetera differt;
et nunc adludit viridique exsultat in herba,
nunc latus in fulvis niveum deponit harenis;             
paulatimque metu dempto modo pectora praebet
virginea plaudenda manu, modo cornua sertis
inpedienda novis; ausa est quoque regia virgo
nescia, quem premeret, tergo considere tauri,
cum deus a terra siccoque a litore sensim             
falsa pedum primis vestigia ponit in undis;
inde abit ulterius mediique per aequora ponti
fert praedam: pavet haec litusque ablata relictum
respicit et dextra cornum tenet, altera dorso
inposita est; tremulae sinuantur flamine vestes.

Europa appare di costumi che una volta venivano definiti “facili” e Giove del tutto simile a qualcuno che, nel recentissimo passato, organizzava “cene eleganti”.

Non ci fanno una una gran bella figura né l’uno, né l’altra.

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