domenica 1 ottobre 2017

Omaggio alla Catalogna




Sono nato e abito in una Regione italiana che fu dominio della Corona di Aragona prima, della Corona di Spagna dopo, ininterrottamente dal 1409 (anzi, de jure, dal 1297) al 1720. Già da quando ero ragazzo le mie scelte in fatto di residenza sarebbero state diverse, sed ducunt volentem Fata, nolentem trahunt, per cui...vabbé.

Nella mia famiglia vigevano comportamenti e metodi educativi di modello prussiano, e sin da ragazzo sono stato in pieno contatto con la cultura anglosassone per cui personalmente avrei voluto stabilire la mia residenza in qualche altro luogo proprio per le sedimentazioni che la cultura spagnola ha lasciato, molto più di qualsiasi altra dominazione, da quella fenicio-punica a quella piemontese : qui ogni incrocio stradale è un “Fate luogo, la destra è mia!” “Coi vostri pari, è sempre mia!” per non parlare di personaggi che sembrano usciti freschi freschi dal romanzo “Lazarillo de Tormes”.

Capisco perfettamente che la Spagna ha dato al mondo grandi geni, che è stata (in un ormai remoto) passato una grande nazione etc. ma personalmente questa cultura non ha mai destato in me alcun interesse, non mi sono mai provato ad impararne la lingua né ho mai voluto visitare la Spagna. Una sola ragione potrebbe spingermi là, vedere qualche opera di Pablo PIcasso (il quale, guarda caso, se ne andò giovanissimo e non vi rientrò mai).

Insomma, consideravo la Spagna e gli Spagnoli la cenerentola d’Europa.
Per cui, quando il franchismo finì e venne portato sul trono Juan Carlos, con una ordinata transizione verso un regime democratico con un bipartitismo i cui due partiti si tenevano ben lontani da posizioni estremiste, con una economia che galoppava e faceva cose che in Italia erano semplicemente impensabili (vedi la politica del turismo e le relative attrezzature) iniziai a pensare: “... ma non è che mi sono sbagliato?”

Negli ultimi anni, in Spagna i partiti politici si sono moltiplicati quanto si sono resi inconsistenti, ma la ciliegina sulla torta l’ha data questa smania di indipendenza della Catalogna. Ma cosa pensano questi catalani, che “piccolo sia bello?”. Se godono questa relativa prosperità lo devono esclusivamente al fatto che hanno potuto avere il resto della Spagna come mercato.

Per non parlare di questo orgoglio linguistico completamente fuori luogo: hanno la fortuna di poter parlare una lingua che parlano centinaia di milioni di persone in tutto il mondo e si ostinano a voler parlare il catalano, che nel mondo vale meno di zero? Sono rimasto sbalordito quando il capo dei c.d. “Mossos” ha redarguito e risposto in malo modo a un giornalista olandese che gli aveva posto una domanda in spagnolo castigliano: ma come, avrebbero dovuto licenziarti in tronco per aver gestito così male la strage sulle Ramblas e ti permetti anche di “fare il figo” in questa maniera sguaiata?
Quando le multinazionali che avevano posto la loro sede a Barcellona furono costrette a tradurre tutti i documenti in catalano, e a fare altre simili amenità, fecero le valige e se ne andarono a Madrid. I madrileni ringraziano.

Ma non capiscono questi catalani che è la classe politica locale a voler l’indipendenza semplicemente perché, non avendo più i controlli di un avveduto stato centrale, potranno rubare a man bassa a loro piacimento?
No evidentemente, i catalani non lo capiscono.

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