La mia
famiglia risiedette dal 1967 al 1989 (in particolare mio padre e mia madre: io,
fortunatamente, per motivi di studio prima, e di lavoro dopo, molto meno...) in
quella che una volta veniva chiamata “la
quarta sponda”, “lo
scatolone di sabbia” etc. e
abitò in un certo periodo in un quartiere di villette unifamiliari.
Nella villetta a fianco abitava una simpatica famiglia di egiziani, padre, madre, figlia e genero con i quali mia madre fece subito amicizia: il dopocena veniva trascorso conversando amabilmente in giardino, e mia madre subito notò che le due signore egiziane disponevano le loro sedie vicino ad un grande cespuglio di peperoncino e che, con grande naturalezza, ogni tanto ne staccavano uno dalla pianta e lo masticavano con voluttà come se si trattasse di una ciliegia.
Nella villetta a fianco abitava una simpatica famiglia di egiziani, padre, madre, figlia e genero con i quali mia madre fece subito amicizia: il dopocena veniva trascorso conversando amabilmente in giardino, e mia madre subito notò che le due signore egiziane disponevano le loro sedie vicino ad un grande cespuglio di peperoncino e che, con grande naturalezza, ogni tanto ne staccavano uno dalla pianta e lo masticavano con voluttà come se si trattasse di una ciliegia.
Una sera, mia
madre, ostentando la stessa nonchalance, stacca anche lei un peperoncino
e ne addenta qualche millimetro della punta: come folgorata, vediamo che si
alza di scatto e batte in velocità Usain Bolt nella corsa verso un rubinetto,
inseguita dalle risate generali.
“Ma io ho visto voi farlo....” protestò mia madre con le signore egiziane, il cui trucco pesante (…all’egiziana, appunto…) si stava disfacendo dalle lacrime, non appena fu in grado di riprendere l’uso delle labbra e della lingua.
“Ma noi siamo abituate...”
risposero le egiziane ancora scosse dalle convulsioni delle risate.
Mia madre
imparò a fare il cous-cous secondo la ricetta originale del Nordafrica e ancora
oggi, alla tenera età di ottantasette anni, organizza cene per venti persone,
dato il notevolissimo successo che questa esotica pietanza riscuote tra la
cerchia degli amici: ma ha l’accortezza
di separare la salsa piccante dal resto, salsa che viene aggiunta da ciascuno
secondo i propri gusti. Naturalmente avverte: “Attenti,
la salsa è molto piccante...” ma…. c’è
sempre qualcuno che, con uno sguardo di sufficienza, se ne mette nel piatto due
o tre cazzuolate.... e anche qui vedi immediatamente lo scatto con la “corsa al rubinetto”.
Questo fu un
episodio divertente, ma nulla più.
Più
drammatico, e che potrebbe dar da pensare a chi crede che il mondo sia integralmente
conoscibile in maniera razionale secondo una “wissenschaftliche Weltaufassung” fu invece il caso dei “fondi del
caffè”.
Gli incontri
e i cicalecci con le signore egiziane (che erano veramente egiziane in tutto e
per tutto, nell’aspetto fisico giunonico, nel trucco pesantissimo a qualsiasi
ora del giorno e della notte, nelle acconciature molto elaborate) non
avvenivano solo nei dopocena ma anche a metà mattina, quando vicendevolmente ci
si offriva il caffè: a casa dei miei veniva confezionato all’italiana con la
caffettiera Moka mentre le signore egiziane offrivano il caffè “alla turca”. Un
bel giorno, una delle signore egiziane propose a mia madre di fare la lettura
del futuro con i fondi del caffè.
“Si, si, certo…” esclama mia madre molto
incuriosita dalla novità della faccenda.
La tazzina
viene rovesciata sul piattino, i fondi del caffè cadono e l’egiziana inizia a
guardarli fissamente.
Dopo qualche
minuto inizia a sorridere: “Je vois
monsieur Victorio avec un recorder..” esclama “Oui, oui, Je vois monsieur Victorio avec un recorder…” ( vedo il signor Vittorio con un registratore….
Gli egiziani aborrono l’inglese e parlano preferibilmente il francese).
La sera mio
padre torna a casa dall’ufficio e… ha in mano un grosso apparecchio
radio-registratore “Sony 23 gamme d’onda”, che funziona ancora perfettamente e
di cui è in possesso attualmente mio figlio.
Mia madre è
tra il sorpreso e l’entusiasta: “Vittorio,
sai cosa è successo stamattina? Con Helene abbiamo fatto la lettura dei fondi
del caffè e lei mi ha detto che saresti arrivato a casa con un recorder…”
Qualche
giorno dopo la faccenda si ripete “Facciamo
di nuovo la lettura dei fondi del caffè?”
“Si, si ..” approva mia madre, ancora
divertita dalla volta precedente.
La tazzina
viene rovesciata ed inizia la lettura.
Helene li
guarda fissamente ed inizia ad assumere un aria cupa e preoccupata.
“Cosa c’è…?” inizia a preoccuparsi anche
mia madre.
Helene non
risponde.
“Cosa c’è…?” ripete mia madre, che
inizia ad avere il respiro corto.
« Je vois quelqu'un qui souffre… » sussurra Helene.
« Je vois quelqu'un qui souffre… »
ripete.
A mia madre
scese un colpo o quasi. Sia io sia mio fratello ci trovavamo in Italia a
studiare e le comunicazioni tra Libia e Italia erano estremamente difficili e
lente, in quanto le linee telefoniche erano pochissime per motivi di controllo
da parte della polizia: per avere la linea occorrevano ore ed ore di attesa, e solo
al posto telefonico pubblico.
Sento
squillare il telefono.
“Antonello, tutto bene?” La voce di mia
madre, generalmente estremamente controllata, è concitata.
“Ciao mamma! Come mai hai la voce così
concitata?”
“Te lo spiego quando torno. Ma voi tutto
bene?”
“Si, noi si. Solo zio Luigi (uno zio di mia
madre, alla quale lei era particolarmente affezionata) si è sentito male stamattina
ed è stato ricoverato in ospedale, è abbastanza grave. Stavo per mandarti un telegramma. Come sta papà?”
Qualche
giorno dopo Helene ripropose a mia madre di ripetere la lettura dei fondi.
“Noooooo…”replicò mia madre, “…mai più…”
Ho fatto
studi tecnici, credo nella scienza e nelle tecnologie occidentali, non sono
certo uomo di fede ma di dubbio ma penso che l’uomo non abbia ancora scoperto
la maggior parte delle cose che ci sono da scoprire nell’universo.
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