martedì 24 ottobre 2017

La radio e i fondi del caffé



La mia famiglia risiedette dal 1967 al 1989 (in particolare mio padre e mia madre: io, fortunatamente, per motivi di studio prima, e di lavoro dopo, molto meno...) in quella che una volta veniva chiamata la quarta sponda, lo scatolone di sabbia etc. e abitò in un certo periodo in un quartiere di villette unifamiliari.

Nella villetta a fianco abitava una simpatica famiglia di egiziani, padre, madre, figlia e genero con i quali mia madre fece subito amicizia: il dopocena veniva trascorso conversando amabilmente in giardino, e mia madre subito notò che le due signore egiziane disponevano le loro sedie vicino ad un grande cespuglio di peperoncino e che, con grande naturalezza, ogni tanto ne staccavano uno dalla pianta e lo masticavano con voluttà come se si trattasse di una ciliegia.

Una sera, mia madre, ostentando la stessa nonchalance, stacca anche lei un peperoncino e ne addenta qualche millimetro della punta: come folgorata, vediamo che si alza di scatto e batte in velocità Usain Bolt nella corsa verso un rubinetto, inseguita dalle risate generali.

Ma io ho visto voi farlo....protestò mia madre con le signore egiziane, il cui trucco pesante (…all’egiziana, appunto…) si stava disfacendo dalle lacrime, non appena fu in grado di riprendere luso delle labbra e della lingua.

Ma noi siamo abituate... risposero le egiziane ancora scosse dalle convulsioni delle risate.
Mia madre imparò a fare il cous-cous secondo la ricetta originale del Nordafrica e ancora oggi, alla tenera età di ottantasette anni, organizza cene per venti persone, dato il notevolissimo successo che questa esotica pietanza riscuote tra la cerchia degli amici: ma ha laccortezza di separare la salsa piccante dal resto, salsa che viene aggiunta da ciascuno secondo i propri gusti. Naturalmente avverte: Attenti, la salsa è molto piccante... ma…. c’è sempre qualcuno che, con uno sguardo di sufficienza, se ne mette nel piatto due o tre cazzuolate.... e anche qui vedi immediatamente lo scatto con la corsa al rubinetto”.

Questo fu un episodio divertente, ma nulla più.
Più drammatico, e che potrebbe dar da pensare a chi crede che il mondo sia integralmente conoscibile in maniera razionale secondo una “wissenschaftliche Weltaufassung” fu invece il caso dei “fondi del caffè”.

Gli incontri e i cicalecci con le signore egiziane (che erano veramente egiziane in tutto e per tutto, nell’aspetto fisico giunonico, nel trucco pesantissimo a qualsiasi ora del giorno e della notte, nelle acconciature molto elaborate) non avvenivano solo nei dopocena ma anche a metà mattina, quando vicendevolmente ci si offriva il caffè: a casa dei miei veniva confezionato all’italiana con la caffettiera Moka mentre le signore egiziane offrivano il caffè “alla turca”. Un bel giorno, una delle signore egiziane propose a mia madre di fare la lettura del futuro con i fondi del caffè.

“Si, si, certo…” esclama mia madre molto incuriosita dalla novità della faccenda.
La tazzina viene rovesciata sul piattino, i fondi del caffè cadono e l’egiziana inizia a guardarli fissamente.

Dopo qualche minuto inizia a sorridere: “Je vois monsieur Victorio avec un recorder..” esclama “Oui, oui, Je vois monsieur Victorio avec un recorder…” ( vedo il signor Vittorio con un registratore…. Gli egiziani aborrono l’inglese e parlano preferibilmente il francese).
La sera mio padre torna a casa dall’ufficio e… ha in mano un grosso apparecchio radio-registratore “Sony 23 gamme d’onda”, che funziona ancora perfettamente e di cui è in possesso attualmente mio figlio.

Mia madre è tra il sorpreso e l’entusiasta: “Vittorio, sai cosa è successo stamattina? Con Helene abbiamo fatto la lettura dei fondi del caffè e lei mi ha detto che saresti arrivato a casa con un recorder…”

Qualche giorno dopo la faccenda si ripete “Facciamo di nuovo la lettura dei fondi del caffè?”
“Si, si ..” approva mia madre, ancora divertita dalla volta precedente.
La tazzina viene rovesciata ed inizia la lettura.
Helene li guarda fissamente ed inizia ad assumere un aria cupa e preoccupata.
“Cosa c’è…?” inizia a preoccuparsi anche mia madre.
Helene non risponde.
“Cosa c’è…?” ripete mia madre, che inizia ad avere il respiro corto.
« Je vois quelqu'un qui souffre… » sussurra Helene.
« Je vois quelqu'un qui souffre… » ripete.

A mia madre scese un colpo o quasi. Sia io sia mio fratello ci trovavamo in Italia a studiare e le comunicazioni tra Libia e Italia erano estremamente difficili e lente, in quanto le linee telefoniche erano pochissime per motivi di controllo da parte della polizia: per avere la linea occorrevano ore ed ore di attesa, e solo al posto telefonico pubblico.

Sento squillare il telefono.
“Antonello, tutto bene?” La voce di mia madre, generalmente estremamente controllata, è concitata.
“Ciao mamma! Come mai hai la voce così concitata?”
“Te lo spiego quando torno. Ma voi tutto bene?”
“Si, noi si. Solo zio Luigi (uno zio di mia madre, alla quale lei era particolarmente affezionata) si è sentito male stamattina ed è stato ricoverato in ospedale, è abbastanza grave. Stavo per mandarti un telegramma. Come sta papà?”
Qualche giorno dopo Helene ripropose a mia madre di ripetere la lettura dei fondi.
“Noooooo…”replicò mia madre, “…mai più…”

Ho fatto studi tecnici, credo nella scienza e nelle tecnologie occidentali, non sono certo uomo di fede ma di dubbio ma penso che l’uomo non abbia ancora scoperto la maggior parte delle cose che ci sono da scoprire nell’universo.

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