Nei primissimi anni ’80 io ero un giovane ingegnere e mio Padre dirigeva dei grandi cantieri all’estero, dove io non mi ero sentito di seguirlo. Negli ultimi anni della sua carriera, come di solito succede, ebbe soprattutto funzioni manageriali, ma la sua specialità e la sua passione erano state in passato soprattutto le strutture in cemento armato.
Passate alcune settimane di ferie in Italia lo accompagnai in aeroporto e ci salutammo nella sala partenze dove si diresse verso la sala controllo bagagli.
A un certo punto si fermò e tornò indietro: mi guardò fisso con i suoi occhi azzurri da ufficiale della Wehrmacht e mi intimò :”Mi raccomando! Attento ai calcestruzzi!”
Dopodiché girò di spalle e se ne andò.
Nella mia carriera ho sempre tenuto presenti quelle parole e, quando ho visto le immagini del terremoto in Turchia e Siria, e ancora prima, le immagini dei nostri terremoti, una volta di più mi sono tornate alla mente.
Che cosa è il “cemento armato”?
Il c.d. “cemento armato” è un materiale composito dove il calcestruzzo, formato da “inerti” (ghiaia, pietrisco, sabbia), mescolati con il “cemento” che ha funzione di “legante” e con acqua, che ha la funzione di attivare le reazioni chimiche, viene “unito” a barre d’acciaio.
Il calcestruzzo, esattamente come i materiali lapidei, ai quali somiglia (ma a cui non è uguale….) resiste bene a “compressione” (vale a dire se lo schiaccio…) ma malissimo a trazione ( vale a dire se lo tiro…), mentre le barre d’acciaio vengono disposte principalmente nelle zone sottoposte a “trazione”, sollecitazione che l’acciaio è in grado di sopportare benissimo.
Perché il tutto funzioni occorre naturalmente che le barre d’acciaio e il calcestruzzo che le avvolge siano intimamente connessi, vale a dire uno dei preupposti è la “perfetta aderenza” tra le barre d’acciaio e il calcestruzzo.
Per cui, quando si demolisce una struttura in cemento armato eseguita a regola d’arte, ai ferri di armatura deve rimanere aderente il calcestruzzo.
Si osservino le fotografie: le barre di armatura appaiono perfettamente pulite, si potrebbero quasi riutilizzare, sicuro segno di un calcestruzzo assolutamente scadente.
Sostanzialmente, la cattiva qualità del calcesruzzo può essere ascritta a tre fattori principali:
- una miscela degli inerti inadeguata, dove i vuoti lasciati dai materiali più grandi non vengono adeguatamente riempiti da quelli di pezzatura minore;
- una insufficiente quantità di cemento per metro cubo di impasto;
- terza causa, particolarmente pericolosa, perché la più comune, un errato rapporto tra la quantità di cemento nell’impasto e il quantitativo di acqua relativo.
Sena addentrarmi in considerazioni troppo tecniche, basterà dire che, utilizzando l’esatto quantitativo di acqua necessario perché la reazione chimica sia quella ottimale, l’impasto di calcestruzzo risulta molto “duro” e quindi difficilmente lavorabile, in particolare la sua corretta disposizione nelle “casserature”, cioè le forme che sonstengono la struttura sino a quando il clacestruzzo non avrà completato la fase di presa e indurimento.
Per avere un calcestruzzo più fluido si può ricorrere ad additivi speciali, ma nel caso di imprenditori sciagurati, la soluzione è molto più semplice: si aumenta il quantitativo di acqua nell’impasto.
Il risultato è sempre tragico: basti pensare che un aumento del quantitativo d’acqua del 30% rispetto a quello teorico dimezza la resistenza del calcestruzzo.
Gli organismi predisposti al controllo forse potranno anche non accorgersene: ma il terremoto se ne accorgerà senz’altro.
Ci sono poi naturalmente altre cause: ad esempio il fatto che determinate giunzioni tra gli elementi strutturali, identificate come “incastri” dal progettista, si siano in realtà rivelate delle “cerniere”: ma in questo caso si inizia ad andare un po’ troppo nello specifico.
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