La copertina del libro scritto dal S.Ten. Paolo Porceddu sulle sue esperienze nella Campagna di Russia.
A differenza del mondo anglosassone, nel quale mi sono trovato immerso sin da ragazzino, le mie conoscenze dei russi e della Russia sono di tipo esclusivamente letterario, e quindi probabilmente mi sto rendendo colpevole di hybris nel voler parlare di un argomento che conosco solo attraverso i libri, con poche esperienze personali.
Vorrei tuttavia manifestare alcune impressioni che mi
piacerebbe confrontare con viaggi e con una conoscenza più approfondita del
mondo che definisco per brevità “russo”, mondo che peraltro, come i recenti
avvenimenti hanno dimostrato, risulta essere estremamente variegato.
Avverto quindi che solo di mie impressioni personali si tratta.
La prima impressione che immediatamente salta agli occhi è il rapporto estremamente sbilanciato tra quello che gli italiani provano per i russi (perlomeno sino al 1945… si vedrà poi cosa intendo) e quello che i russi provano per gli italiani.
Infatti, da quello che appare, mentre i russi hanno sempre amato moltissimo gli italiani, non sembra che questo affetto sia stato dagli italiani ricambiato nella stessa misura.
Si legga cosa dice il grande scrittore ucraino Vasilij Grossman (il quale, per ovvie ragioni, scriveva non in ucraino ma in russo…) a proposito degli italiani:
”L’esercito sovietico marciava verso occidente, i prigionieri di guerra verso oriente. I rumeni avevano cappotti verdi e alti copricapi di astrakan. Sembravano patire il freddo meno dei tedeschi. Guardandoli, Darenskij non vedeva i soldati di un’armata sconfitta, ma una fiumana di migliaia di contadini stanchi e affamati con strani cappelli in testa. Di loro ci si faceva beffe, ma li si guardava con pietoso disprezzo, senza astio. Solo gli italiani, avrebbe visto poi, godevano di un’indulgenza ancora maggiore.Con gli ungheresi, i finnici e i tedeschi – soprattutto con i tedeschi – era un’altra storia. I prigionieri tedeschi facevano spavento.”
Vasilij Grossman, Vita e destino, p.955. Adelphi.
L’Ing. Paolo Porceddu fu un caro Amico con il quale passai bellissime ore nella sua barca a vela, con funzioni di “prodiere”, perché il figlio, che è stato mio compagno di studi alle Elementari e all’Università, e poi Collega di lavoro, preferiva alla vela il tennis.
Fu con grande mia sorpresa che il carissimo amico e collega Igino venne in Sala Docenti con in mano il libro di cui mostro la copertina nell’incipit.
“Abbiamo trovato un libretto tra le carte di mio Padre” mi disse “ scritto con una calligrafia minutissima e riempito in ogni sua pagina, che contiene i suoi ricordi della Campagna di Russia. Abbiamo pensato ad un editing, ma poi abbiamo preferito pubblicare il libro esattamente come lui l’aveva scritto. Sapendo quanto tu fossi amico di mio Padre mi fa piacere regalartene una copia.”
Ebbene, nonostante tutte le ore passate assieme in barca, non solo non venni mai a conoscenza che a ventun anni aveva fatto la Campagna di Russia in un Reparto di Artiglieria, ma che era stato anche decorato con la Medaglia d’Argento al V.M.
Ebbene, cosa scrive l’Ing. Paolo Porceddu, ufficiale e gentiluomo, circa le sue esperienze in Russia?
“ I reparti
della ‘Pasubio’si spostano oltre il Nipro, verso il centro di Dnepropetrovsk.
L’accantonamento per gruppi avviene al centro dell’immensa città, ma le dimore
sono povere e desolate.
Gli uomini vengono sistemati convenientemente, e, così pure, le cucine e gli uffici.
Marco (pseudonimo dell’Autore) trova una casa decente e pulita priva, però, del calore e dell’atmosfera romantica di quella di Hamur. (Precedente residenza dell’Autore presso una famiglia ucraina, dove trovò un calore umano e addirittura un affetto impensabile, forse, per colui che era a tutti gli effetti un ‘invasore’ e un ‘nemico’: non cito l’episodio, chi lo vuole conoscere acquisti il libro… Nota mia).
Quella casa e qualla famiglia sono quanto di meglio ha incontrato finora, in Russia, dove, peraltro, i soldati italiani sono molto benvisti dalla popolazione che è stata sempre ricambiata con uguale affetto e massimo riguardo dai combattenti dell’ARMIR.” (Paolo Porceddu, La battaglia di cappello frigio, Albatros, 2011).
Ma l’affetto e la stima dei russi verso gli italiani risale a ben prima: da Pietro il Grande in poi gli architetti che costruirono San Pietroburgo furono italiani; la musica italiana, in particolare i grandi operisti come Giuseppe Verdi e Gioacchino Rossini sono molti più conosciuti presso i russi colti rispetto a quanto non siano da noi i loro corrispettivi russi e, si parva licet componere magnis, pare che alcuni cantanti di musica leggera italiana di oggi facciano più cassetta nella Russia odierna rispetto a quanto ne facciano nel Bel Paese.
Nei primi anni ’30 l’ing. Umberto Nobile, famoso per le spedizioni al Polo Nord con i dirigibili Norge prima e Italia dopo, ottenne un contratto in Unione sovietica per la costruzione appunto di alcuni dirigibili ( i dirigibili sono una fissa che i russi conservano ancora oggi).
Già il fatto che i sovietici si rivolgessero agli italiani e non ai tedeschi, allora indiscussi specialisti del settore, illustra quanto tenessero il alta considerazione la tecnica italiana, considerazione da me esposta in altre pagine di questo blog, in tempi ben più recenti. Il suo principale collaboratore, l’ing. Felice Trojani, nel suo fondamentale libro “La coda di Minosse” (Mursia, 1963), nel quale oltre alla propria vita, illustra interessantissimi fatti della società italiana, aeronautica e non, dal 1908 al 1945, dedica ben otto capitoli di questa sua esperienza di tre anni in Unione Sovietica, capitoli estremamente interessanti perché proprio in quel periodo si prepararono le grandi “purghe” del 1937 ed offre quindi la visione di un osservatore esterno.
Anche Primo Levi, il cui nome non ha certo bisogno di presentazioni, nel suo libro “La chiave a stella” (Einaudi, 1978) fa ben più di un accenno alla società sovietica. Cito tra i tanti solo un episodio: lo scrittore e il personaggio principale del romanzo, il “montatore” Faussone, decidono in un giorno di vacanza di fare una gita in battello, dove incontrano un manovale russo che aveva lavorato in precedenza con il “montatore”. “Qui si mette male..” dice il “montatore”. Primo Levi finirà la giornata molto malfermo sulle gambe.
Un altro caro Amico, anche lui molto più grande di me, fece nei primi anni ’80 una crociera sul Danubio a bordo di un battello fluviale che batteva bandiera sovietica, da Vienna a Odessa.
“La crociera fu bellissima” ebbe a dirmi. ” Poiché io ero l’unico italiano a bordo e, a loro conoscenza, anche l’unico italiano che fosse mai salito su quel battello, la cosa creò subito un grande fermento tra l’equipaggio.
Mi resi subito conto della dispartita di trattamento che l’equipaggio mi riservava, rispetto a tutti gli altri viaggiatori, esclusivamente austriaci e tedeschi: noi venivamo serviti per primi ( lui e la sua storica fidanzata, viennese) e non c’era pranzo o cena in cui il Comandante non si avvicinasse per offrirmi un bicchierino di vodka. Questo naturalmente provocò qualche malumore da parte dei viaggiatori teutonici. Tutti i membri dell’equipaggio, con una scusa o con l’altra vollero conoscermi, e il cuoco di bordo una volta non ce la fece a contenersi e mi disse ‘…ma perché voi italiani siete venuti a farci la guerra? A noi gli italiani stanno così simpatici…”
Non mi risulta che questa simpatia sia mai stata reciproca. Anzi, le vecchiette italiane temevano che i cosacchi abbeverassero i cavalli nelle fontane di piazza S. Pietro e anche uno come Enrico Berlinguer preferiva rimanere sotto l’ombrello della NATO piuttosto che sotto quello del Patto di Varsavia, cosa che oggi si tende a dimenticare.
E questo nonostante gli italiani abbiano straordinariamente apprezzato il sistema sovietico, tanto che ben oltre un italiano su tre votava per un partito che si prefiggeva l’instaurazione in Italia di un sistema politico simile.
Agli italiani i russi come popolo sono stati sempre indifferenti, a differenza dei tedeschi, stimatissimi ma non amati dagli italiani, i quali ricambiano forse con qualche simpatia, ma di certo non con stima.
A partire da una quindicina di anni a questa parte però alcuni italiani si sono veramente innamorati non dei russi o delle russe ( ma qui ci sarebbe da fare un discorso particolare…) intesi come popolo in generale ma di un solo russo in particolare.
Questo russo, che io ho sempre ritenuto particolarmente astuto, perfettamente ha capito che dare i soldi alle organizzazioni di partito, come faceva il P.C.U.S., serviva a ben poco, e che i tempi sono cambiati.
Non che il “Partito dei c.d. onesti” fosse composto tutto da onesti (potrei dimostrare, mais il est des oublis qui sont peut-être … des elegances), ma perlomeno avevano studiato un certo galateo: negli anni ’60 un autorevole esponente fu aspramente criticato e rischiò la carriera perché acquistò per uso personale una “Fiat 1500”, autovettura allora considerata “di lusso”.
Molto più efficiente dare i soldi ad personam: al noto giornalista, alla influente rivista, al blog dove in un post si parla di politica e nel successivo di pettegolezzi vari, al politico in cerca di una stabilità economica per quando verrà fatto fuori dai suoi stessi compagni di partito…
Sufficiente fare come Panurge, famoso personaggio di Rabelais: comprare il montone capobranco, pagarlo profumatamente e buttarlo in mare: tutte le pecore seguiranno, gratis.
E poiché questo Russo astuto dispone di mezzi praticamente illimitati a suo piacimento, visto che i suoi connazionali pare lo amino alla follia e non si lamentano per stipendi di 400 euro al mese, il livore dimostrato da coloro che percepiscono un qualcosa che nei secoli sorsi veniva definito un “canonicato”, mi fa capire che sono terrorizzati dalla perdita di un conforvole living, e cercano di fare di tutto per tentare di tenere il suddetto Russo a galla, per quanto perlomeno nelle loro possibilità.
E non solo in Italia, naturalmente, ma anche, ai massimi livelli, in Francia, e in Germania.
Solo impressioni del tutto personali, o no?
https://www.liberoquotidiano.it/news/personaggi/31569077/piazzapulita-alexander-nevzorov-infinite-possibilita-monetarie-propaganda-vladimir-putin.html
Per gli adolescenti russi buttati allo sbaraglio su mezzi assolutamente obsoleti, con comandanti che sono l’apoteosi dell’incapacità e della corruzione, in una guerra insensata che tenta di riportare indietro le lancette dell’orologio della storia, o per gli ucraini che stanno applicando nella maniera più esemplare quelli che qui da noi sono stati definiti per decenni, sino a stufarci, i “Valori della Resistenza”, gli italiani non hanno alzato neppure un sopracciglio.
Fortunatamente noi italiani, così come i tedeschi e i francesi, in questa faccenda contiamo meno di una mosca cocchiera, e meno ancora conteremo in futuro, quando si tratterà l’affare del secolo, vale a dire la ricostruzione dell’Ucraina con un nuovo Piano Marshall: ma allora, dagli stessi personaggi, si alzerà il solito piagnisteo vittimista.
Personalmente spero che questi personaggi spariscano al più presto, anche e soprattutto quelli della parte politica per cui ho sempre votato, ma che non voterò in futuro: anche se purtroppo, data la loro abilità nello sport nazionale italiano, vale a dire il “Voltafaccia e salto sul carro” (del vincitore) non ne sono assolutamente sicuro.
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