giovedì 9 aprile 2020

L'altrui mestiere


Mio figlio di mestiere fa lo skipper e, d’estate, porta in giro facoltosi turisti su grosse barche a vela, quasi sempre catamarani che hanno una superficie pari a quella di una villa.
Nei primi anni ‘2000 fece un anno di corso Erasmus nella prestigiosa Karl Marx Universität Potsdam per una tesi in Filosofia: il fatto che adesso faccia lo skipper la dice lunga sul valore e soprattutto sull’opportunità di questa esperienza all’estero, dato che questi ragazzi, anziché scambiarsi i pregi, pare si siano sono scambiati i difetti delle rispettive Nazioni. Ai miei tempi era, perlomeno nella mia cerchia di amici, era impensabile che ci si sbronzasse tutti i venerdì sera ( o che ci si sbronzasse tout court...) perché “tanto lo fanno tutti…”, così come era impensabile che un ragazzo del Nord Europa stesse in casa dopo la maggiore età: il bamboccionismo ha fatto proseliti, evidentemente.
“Come sta Erika?”
“No papà, adesso non sto più con Erika, sto con Raissa, una ragazza di San Pietroburgo. È molto carina, solo un po’ più alta di me…” Mio figlio è altro metri uno virgola ottantadue.

Quindi parla benissimo il tedesco, per cui le agenzie gli mandano prevalentemente clienti tedeschi.
“Papà, tutti i tedeschi che ho a bordo sono convintissimi di una cosa: che loro, da soli, stanno mantenendo tutta l’Europa del Sud. Uno solo tra loro mi ha detto l’esatto contrario, vale a dire che, continuando così, la Germania corre alla rovina: un signore che, ho saputo, come lavoro è un top-level manager e viene incaricato dalle banche del salvataggio finanziario di grosse aziende tedesche.”

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