“Il viaggio non durò
che una ventina di minuti. Poi l’autocarro si è fermato, e si è vista una
grande porta, e sopra una scritta vivamente illuminata (il suo ricordo ancora
mi percuote nei sogni): ARBEIT MACHT FREI, il lavoro rende liberi. Siamo scesi,
ci hanno fatti entrare in una camera vasta e nuda, debolmente riscaldata. Che sete
abbiamo! Il debole fruscio dell’acqua nei radiatori ci rende feroci: sono
quattro giorni che non beviamo. Eppure c’è un rubinetto: sopra un cartello, che
dice che è proibito bere perché l’acqua è inquinata. Sciocchezze, a me pare
ovvio che il cartello è una beffa, “essi” sanno che noi moriamo di sete, e ci
mettono in una camera e c’è un rubinetto, e Wassertrinken verboten. lo bevo, e
incito i compagni a farlo; ma devo sputare, l’acqua è tiepida e dolciastra, ha
odore di palude. Questo è l’inferno. Oggi, ai nostri giorni, l’inferno deve
essere cosi, una camera grande e vuota, e noi stanchi di stare in piedi, e c’è
un rubinetto che gocciola e l’acqua non si può bere, e noi aspettiamo qualcosa
di certamente terribile e non succede niente e continua a non succedere niente.”
Primo Levi, Se questo è un uomo, Ed. Einaudi (tratto da https://www.istoreco.re.it/tratto-primo-levi-un-uomo/)
Questo succedeva non secoli, ma esattamente 75 anni fa.
Una delle cose che mi hanno stupito della Shoah non è solo
la ferocia omicida tedesca, è la perfetta organizzazione germanica nell’escogitare,
in pochissimi mesi ( a partire dalla Conferenza del Wannsee, 1942) forme di
tortura raffinatissima, come quella descritta in queste poche righe.
Come non dar retta a Giulio Andreotti? “Io sono un grande
amico della Germania, a dispetto di quel che dicono di me, così amico da essere
contentissimo per il fatto che ce ne siano addirittura due...”
Dopo la riunificazione tedesca, l’Unione Europea non è stata
più la stessa.
Atavismo germanico.
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